Milano 1 Ottobre – Antonella Boralevi su La Stampa racconta una storia vera di infinita tenerezza, con la delicatezza e sensibilità che le sono abituali. Eccola “Nella fotografia del suo matrimonio, un mese e qualche giorno prima di morire, Elisa è magra magra. Suo marito la abbraccia, o forse la sostiene. E c’è la torta alta di panna, c’è la tovaglia di tulle rosa. Anna, la bambina, non si vede. Ha appena un anno. La sua mamma ha saputo di essere malata il giorno in cui lei nasceva. È morta tre giorni fa.
Però, anche, non è morta. È rimasta qui. Anna scarterà a ogni compleanno il regalo che la sua mamma ha scelto per lei. Fino a quando avrà diciotto anni e potrà camminare da sola dentro la vita. Ogni regalo che Elisa ha scelto è un insegnamento. E’ un abbraccio, ma anche una richiesta. È un mattone su cui Anna costruirà, anno dopo anno, la donna che sarà. E che la sua mamma non vedrà mai.
Perché è vero che ci raccontiamo che i morti ci guardano, e non è detto che non lo facciano. Ed è vero che, quando muore chi ci ama, per tanti di noi arriva, dopo il dolore, la consolazione di sapere che comunque non restiamo soli, che c’è un angelo nostro, che era vivo, un angelo che conosciamo, che ci cammina accanto. E ci protegge.
Mamma è una parola più breve per dire «proteggimi», secondo me. «Mamma» è la parola che si sussurra mentre si muore. Elisa, con il sorriso largo, e gli occhi come pozzi scuri, sarà mamma per sempre.
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