Il cavallo che aveva paura della sua ombra.

Zampe di velluto

Bucefalo era il cavallo di Alessandro Magno, il grande conquistatore macedone che estese il proprio impero dall’Egitto ai confini dell’India diffondendo ovunque la cultura greca. Rievocando le sue grandi imprese si ricorda anche lo straordinario cavallo che lo condusse nelle numerose battaglie vittoriose. Bucefalo apparteneva a una delle migliori razze tessaliche. Secondo alcuni era un esemplare dell’odierna razza Akhal-Teke, discendente dal cavallo turcomanno. Il suo nome deriva dal greco antico e significa “testa di bue”. Potrebbe essere un’allusione alla sua imponente stazza e alla sua fronte larga somigliante a quella del bue; ma potrebbe avere anche un’altra origine: in Tessaglia si usava marchiare questi animali con la lettera greca “alpha”, rappresentata in alfabeto arcaico come una testa di bue. E’ dunque possibile che Bucefalo fosse semplicemente il nome utilizzato per indicare i cavalli provenienti da quella zona.

Bucefalo era nero con una stella bianca sulla fronte. Aveva inoltre un occhio azzurro, dovuto a un leucoma corneale, e sul fianco era presente una macchia a forma di toro. Queste caratteristiche si desumono da un misto di descrizioni storiche e leggendarie. Alessandro vide per la prima volta Bucefalo nel 342 a.C., quando era ancora quattordicenne. Suo padre Filippo, re di Macedonia, aveva acquistato da Filonico di Tessaglia il cavallo di allora quattro anni per 13 talenti, una somma enorme per quel tempo. In principio Filippo non voleva acquistare il cavallo perché aveva notato che era nervoso e non ne voleva proprio sapere di essere montato: nemmeno i suoi domatori più esperti riuscivano a farlo.

Il giovane Alessandro li rimproverò di non sapere trattare l’animale. In risposta, Filippo lo sfidò a montarlo. La sfida fu accompagnata da una scommessa: il perdente avrebbe pagato per intero il costo del cavallo. Alessandro sapeva il fatto suo poiché, come precisa Plutarco, era abilissimo coi cavalli essendo solito ‘allenarsi’ salendo e scendendo dai carri in movimento! All’attento Alessandro non era sfuggito un particolare: Bucefalo era intimorito dai movimenti della propria ombra! Prima di saltarvi in groppa, quindi, lo rivolse col muso verso il sole. Di quell’avvenimento ci ha lasciato testimonianza Plutarco in ‘Vite parallele’: “Al momento di metterlo alla prova, il cavallo sembrava intrattabile: non ammetteva di essere montato e si irritava al solo udire la voce umana. Filippo lo giudicò selvaggio e indomabile e comandò di portarlo via, ma Alessandro, facendosi avanti, disse: ‘Che cavallo perdono, solo perché per inesperienza e debolezza non sanno trattarlo!’. Alessandro prese poi la briglia, rivolse il cavallo verso il sole, essendosi accorto, a quanto pare, che si agitava vedendo l’ombra proiettata per terra che si muoveva davanti a sé. Dopo aver corso per un po’ al trotto insieme a lui e averlo accarezzato, quando lo vide riempirsi d’animo e di fiato, gettata via tranquillamente la clamide e sollevatosi con un balzo, lo montò.

E stringendo per un po’ il morso con le briglie, lo trattenne senza colpo né strappo; quando poi vide che il cavallo aveva lasciato cadere l’atteggiamento minaccioso e anelava alla corsa, lasciate andare le briglie, lo sospingeva, usando ormai una voce più determinata e dando di piede. Il padre Filippo – si dice – pianse anche qualche lacrima dalla gioia, e quando quello smontò, dopo avergli baciato la testa, ‘Figlio’, disse, ‘cerca un regno pari a te stesso: la Macedonia non ti contiene’”. Da allora un fortissimo legame unì Alessandro e il suo cavallo. Così, Bucefalo seguì il suo padrone negli eventi che lo resero immortale e non si lasciò mai montare da nessun altro. Nel 338 a.C., quando Alessandro aveva appena diciotto anni, mentre suo padre Filippo sconfiggeva le truppe ateniesi in Beozia, lui a capo della cavalleria, travolgeva i tebani loro alleati.

Si racconta che in un’occasione alcuni barbari rapirono Bucefalo e Alessandro reagì minacciando una strage di tutti i colpevoli comprese le relative famiglie. I rapitori, impauriti, riportarono il cavallo ad Alessandro il quale, riconoscente, finì addirittura per pagare loro il riscatto! Bucefalo accompagnò Alessandro nelle sue battaglie per quasi un ventennio. Durante la battaglia dell’Idaspe del 326 a.C., che Alessandro combatté contro Poro, re indiano della regione del Punjab, Bucefalo riportò ferite mortali. Malgrado ciò, condusse alla vittoria il suo padrone. Alla sera, grondante di sudore e di sangue, il cavallo si adagiò al suolo e spirò. Aveva vent’anni. Fu sepolto con tutti gli onori militari e sul luogo della sua sepoltura fu fondata la città Alessandria Bucefala oggi Jalapur.

Appena tre anni dopo fu Alessandro a morire inaspettatamente all’età di 33 anni colto da febbre malarica, o forse fu avvelenato. Il grande conquistatore macedone aveva l’abitudine di partire per la guerra con un nutrito gruppo di intellettuali composto da scienziati, cartografi, medici, storici e filosofi. Costoro dovevano testimoniare l’attuazione di un progetto politico e culturale che pareva irrealizzabile. Invece si realizzò. Alessandro divenne famoso per le sue numerose e veloci conquiste, e Bucefalo lo divenne insieme a lui. Gran finale davvero per un cavallo che aveva fama di temere la sua stessa ombra! Secondo una leggenda, Bucefalo e Alessandro erano nati lo stesso giorno, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro. Non solo il cavallo, ma anche il cane di Alessandro Magno seppe conquistarsi un piccolo posto nella storia: lo storico Plutarco racconta che si chiamava Peritas ed era stato adottato quando era un cucciolo. Alessandro lo teneva sempre con sé, e quando morì, fondò per lui un’altra città sulla riva sinistra del fiume Idaspe e la chiamò Peritas.

 

 

Tratto dal libro ‘Cavalli e ronzini’ di Michela Pugliese

Sito: gocciadinchiostro.wordpress.com

 

 

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