La prossima generazione di giovani disoccupati se la sarà cercata?

Attualità

Più 36% di iscritti alla facoltà di lettere dell’Università Statale. Trentasei, cari lettori. Centinaia di ragazzi che pensano che studiare Lettere sia un investimento (economico, di tempo, di altre opportunità ignorate) interessante ed utile. Trentasei percento di aumento di persone che dipenderanno, per avere un lavoro diverso dal cuoco di McDonald’s dello Stato. O come posto di lavoro, o come valore legale del tutolo di studio, per accedere a concorsi pubblici. Cioè, altri posti di lavoro garantiti dallo Stato. Magari qualcuno farà il giornalista, in un mondo dove il giornalismo sta morendo come lavoro a tempo pieno. Oppure cercheranno lavoro in una casa editrice, nel paese che scrive di più e legge di meno in Europa. In sostanza, stiamo aprendo le porte ad una generazione che dipenderà dalle tasse prodotte dai pochi idioti che hanno scelto, in controtendenza, facoltà che puntano a lavori in settori non sussidiati. Questa è l’essenza delle loro scelte. Ed oltre ai problemi di lungo periodo, se ne genereranno di enormi anche sul breve tempo: infrastrutture insufficienti, rapporti coi docenti pressoché impossibili, burocrazia in tilt. E tutto perché in Italia è passata l’idea che persino i sogni individuali e le aspirazioni dei singoli sono a carico dello Stato.

Oltre al caso eclatante di Lettere, ce n’è, però, un altro di diversa e più complessa natura. Beni culturali, sempre alla Statale, +25%. I ragazzi che ci stanno credendo, a mio modesto avviso, sono vittime. Vittime di una irresponsabile propaganda, del tutto bipartisan, volta a dimostrare che il nostro petrolio sarebbe il turismo. Questa è, ovviamente, una boutade. Il turismo genera una percentuale del Pil- vale attorno al 12%, in crescita sul 9,8 del 2013, principalmente perché ha resistito meglio alla crisi. Ma stiamo sempre parlando di un ottavo malcontato della nostra economia nazionale. Ed in questo dato non dobbiamo dimenticare che rientra una percentuale, forse addirittura predominante, legata a mari, montagne e laghi. Che di certo non sono beni culturali. Inoltre, Beni Culturali, non è esattamente centrata su come sfruttarli economicamente, quanto su come preservarli. Per cui è un approccio indiretto al discorso economico. In definitiva, chi si iscrive deve sperare che l’intero paese decida di investire sul turismo di massa nelle città d’arte, che avranno bisogno, così , di addetti alla conservazione ed al rilancio dei beni culturali. Forse. E comunque provate a chiedere a Veneziani e Fiorentini quanta voglia abbiano di nuovi turisti. Potreste scoprire che è sempre di meno.

Comunque, ed in definitiva, il problema è sempre quello: stiamo crescendo una generazione con la radicata convinzione che ogni loro desiderio sia un diritto potenziale. E soprattutto che vada pagato dagli altri.

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