L’agenda per approntare il testo con le richieste. Maroni: a noi tutte le 23 competenze.
Milano 26 Ottobre – Tre settimane di tempo al Pirellone per il testo che dovrà avviare l’iter per trasformare la Lombardia nella prima Regione «speciale» d’Italia. Attenzione, Roberto Maroni non vuole lo Statuto speciale, obiettivo reclamato invece dai vicini veneti: a Roma il governatore chiederà per la Lombardia il riconoscimento di una «specialità» territoriale che si dovrà tradurre nella gestione in proprio di nuove competenze (le 23 indicate dalla Costituzione) e relative nuove risorse. Una partita «da vincere e non da pareggiare». Una partita, soprattutto, «mai giocata prima in Italia»: dalla riforma costituzionale del Titolo V, voluta peraltro dal centrosinistra, nessuna Regione ha ottenuto dallo Stato centrale una sola competenza in più da gestire.
Maroni parla per un’ora abbondante in aula; difende la via lombarda all’autonomismo e l’opzione del referendum consultivo, il dato di partecipazione di domenica e la modalità del voto elettronico. Sceglie soprattutto un profilo super istituzionale, «moderato» e di dialogo, dove l’unica stoccata è quella, in conclusione, riservata al sindaco Beppe Sala, lontano dalle urne perché in missione a Parigi. «Non era previsto il quorum e così qualche lombardo ha pensato che non valesse la pena tornare dalla Francia per votare», dice tra i sorrisi e gli applausi del centrodestra. La linea maroniana è ora più vicina a quella del pd Stefano Bonaccini che a quella del leghista Luca Zaia. «Noi abbiamo scelto un’altra strada rispetto al Veneto. Il nostro quesito faceva riferimento all’articolo u6 della Costituzione e in quel solco intendiamo muoverci». La Lombardia vuole 23 materie, ora «concorrenti», da amministrare in via esclusiva e le risorse per gestirle. Per «vincere la partita», bisognerà trattare col governo Gentiloni e per farlo «c’è bisogno di persone competenti, capaci e con una visione, da scegliere tra tutti i settori della società civile». Massima apertura, sul punto, all’opposizione. «Penso sia anche utilissima una rappresentanza politica di tutte le forze presenti in Consiglio regionale. Ho già chiesto ad Anci di indicarmi dei nomi». Maroni in realtà ha già «arruolato» in squadra tre big: Cristina Messa, rettore della Bicocca, l’imprenditore Giandomenico Auricchio e l’ex presidente Piero Bassetti.
Profilo concretissimo, insomma, ribadito anche dall’ultima dichiarazione di giornata: «Voglio una trattativa vera; non vado a Roma a dire “o tutto, o niente” per usare il No del governo in campagna elettorale». Apprezza i toni morbidi anche Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e sfidante designato per corsa alle Regionali: «E positivo che Maroni abbia preso le distanze da Zaia e che abbia manifestato la volontà di affrontare un percorso condiviso con l’Emilia, anche se non convince la richiesta del blocco di 23 materie».
Andrea Senesi (Corriere)
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