Grasso lascia il PD e la sinistra anti Renzi lo incorona Leader

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È stata una decisione sofferta. Ho lasciato il Pd perché non mi riconosco né nel merito né nel metodo 

Milano 29 Ottobre – II giorno dopo la scelta di lasciare il Pd, il presidente del Senato Pietro Grasso torna a colpire. Ai microfoni parla della decisione del suo ex partito di imporre la legge elettorale con la fiducia come di una «violenza» al Senato. E ribadisce: «Ho lasciato il Pd perché non mi riconosco più in quel partito e non ne riconosco più né il merito né il metodo».

A sinistra le bottiglie per i brindisi sono state riposte in frigorifero. «Adesso Grasso non va tirato per la giacca», la linea dei bersaniani che già vedono il presidente del Senato come leader della nuova lista. «Guai a tirarlo in dinamiche e polemiche politiche che non hanno nulla a che fare con la seconda carica dello Stato», ragiona Roberto Speranza, coordinatore di Mdp. Lo strappo fragoroso dell’ex magistrato, a microfoni spenti, è considerata un ottima notizia per chi ha passato tutta l’estate aspettando che Giuliano Pisapia prendesse la leadership, fmo al divorzio di poche settimane fa. «Ha mobilitato più lui in un giorno che Pisapia in tre mesi», il commento frequente che si ascolta a sinistra. «Tra noi una consonanza di giudizio», sottolinea con piacere Massimo D’Alema. L’ipotesi di Grasso leader sembra mettere d’accordo tutti: dai riformisti doc come Pier Luigi Bersani (che lo ha accolto a fine settembre a Napoli alla festa di Mdp) fino alle frange più di sinistra, e cioè gli uomini di Sinistra italiana e il gruppo civico guidato da Anna Falcone e Tomaso Montanari che giudica la mossa del presidente «un fatto importante, una buona notizia».

Le frizioni di tre giorni fa, quando la capogruppo in Senato dei vendoliani Loredana De Petris ha occupato lo scranno di Grasso per protesta contro la fiducia sul Rosatellum, sono state cancellate con un tratto di penna. E ora tutti tacciono, in attesa della prossima mossa del leader designato. Che non sarà imminente. Ieri il presidente è volato a Palermo per il fine settimana. E nelle prossime settimane, spiega chi gli ha parlato, si terrà lontano dai riflettori: niente talk show o riflettori, si limiterà a guidare l’aula di palazzo Madama durante l’approvazione della legge di Bilancio. La guida della sinistra? «Un dossier che ancora non è stato aperto», spiega chi lo conosce. Se ne riparlerà più avanti, quando la sinistra avrà tenuto, tra fine novembre e inizio dicembre, l’assemblea costituente e dunque avrà un profilo più definito. Di certo, Grasso non è in cerca di una poltrona. E il fatto che il capogruppo  Pd Luigi Zanda abbia reso pubblico di avergli offerto nei giorni scorsi un seggio «sicuro» in Sicilia toglie ogni benzina alle polemiche.

Nel Pd la scelta del presidente del Senato riapre ferite mai richiuse. «Pieno rispetto per la decisione del presidente del Senato, sbagliata ogni polemica», taglia corto Renzi. Ai vertici dem fanno male le parole di Walter Veltroni: «Il Pd è stato ideato e costruito per persone come Grasso. Speriamo di ritrovarci uniti per i nostri valori comuni». I dissidenti interni aprono il fuoco. Gianni Cuperlo parla di una «sconfitta». «Sarebbe una reazione sciagurata scrollarsi le spalle e far finta di nulla. Bisogna interrogarsi sul perché accade e aggiustare qualcosa». Critici i due sfidanti di Renzi alle primarie dello scorso aprile: «La storia di Grasso per me è il Pd. Se qualcuno mette delle condizioni per le quali un uomo così deve andare via mi viene un totale scoramento», dice Michele Emiliano. «Ora il Pd è più fragile. Penso sia giusto interrogarsi sulle ragioni di questa scelta e auspicare che si riuniscano le strade», gli fa eco Andrea Orlando. Tra i dem scoppia il caso Patrizia Prestipino. La dirigente attacca Grasso: «Sembra il film “Prendi i soldi e scappa”». «Parole in libertà», la gelida replica di Matteo Richetti.

Andrea Carugati (La Stampa)

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