Come cambia la pubblicità: il native advertising

Cultura e spettacolo

Milano 31 Ottobre – I media hanno subito, negli ultimi anni, una vera e propria rivoluzione. Ormai il “grande pubblico”, come veniva chiamato un tempo, non dedica la fruizione dei media all’esclusiva visione passiva della TV o alla lettura dei quotidiani e delle riviste cartacee. Oggi il fruitore dei media guarda contenuti in streaming, legge messaggi sulle chat, comunica con i conoscenti tramite i social media. In questi anni i contenuti pubblicitari hanno seguito i cambiamenti in atto, per riuscire ad espletare la loro funzione comunicativa e per raggiungere un numero accettabile di “utenti”. Per capire come sta cambiando questo mondo scopri di più sul navite advertising.

Di cosa si tratta

Il messaggio pubblicitario che potremmo chiamare tradizionale è preannunciato da un preciso stacco rispetto ai contenuti che si stanno leggendo, guardando o ascoltando. Conosciamo tutti benissimo la pubblicità televisiva, ad esempio, che prede il via dopo qualche secondo di nero, creando un preciso spazio di separazione dalle immagini della trasmissione televisiva vera e propria. Lo stesso avviene con moltissimi altri media. Con l’ampia diffusione di internet si stanno sviluppando vari metodi pubblicitari riuniti sotto il nome di native advertising: il messaggio pubblicitario cerca di integrarsi con il contenuto in cui è inserito.
Per fare ciò, pur mantenendo la chiara connotazione pubblicitaria dei messaggi, si cerca di creare degli annunci totalmente in linea con i contenuti della pagina o delle immagini in cui li si dovrà introdurre.

L’interesse del pubblico

Una delle peculiarità che deve possedere un messaggio pubblicitario ben fatto è quella di interessare, coinvolgere in qualche modo, le persone cui viene sottoposto. Purtroppo l’eccessiva esposizione alla pubblicità porta anche a diventare selettivamente “ciechi”. Si pensi ad esempio al fenomeno del Banner blindness: molti utenti internet hanno evoluto la capacità di fruire delle pagine disponibili in rete senza farsi influenzare in alcun modo dai banner pubblicitari, che non guardano neppure. Questo tipo di “cecità” deriva direttamente dal desiderio di non vedere i contenuti pubblicitari che in TV si realizza semplicemente cambiando canale, o guardando i programmi in streaming, senza pubblicità o “mandando avanti” gli stacchi pubblicitari. Il native advertising nasce appunto per evitare questo tipo di comportamenti, che rendono la pubblicità molto meno efficace. Trasformare i messaggi consiste nel cercare di renderli anche più interessanti per il fruitore e coerenti con il contenuto editoriale in cui sono inseriti.

La pubblicità nativa funziona?

Negli ultimi anni sempre più campagne pubblicitarie sfruttano in modo pesante i metodi del native advertising. La motivazione è semplice: questo tipo di pubblicità funziona meglio rispetto a quella tradizionale. Da un lato perché il pubblico tende ad esserne maggiormente coinvolto, cosa che porta a leggere e percepire effettivamente il messaggio pubblicitario, risultato che per i messaggi tradizionali è ormai difficile da raggiungere. Diverse ricerche sull’argomento hanno mostrato che questo comportamento avviene il 50% più spesso nel consumatore per il native advertising rispetto alla pubblicità tradizionale. Nel 26% dei casi il consumatore tende a leggere con maggiore interesse il messaggio pubblicitario rispetto al contenute editoriale in cui è inserito. Stiamo quindi parlando di un nuovo metodo di fare pubblicità, molto più efficace di qualsiasi altro metodo sfruttato in passato.

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