Milano 9 Novembre – Debutta in Italia lo spettacolo del Blue Man Group: un elettrizzante mix di danza, teatro e percussioni, già rappresentato in 20 Paesi, qui in scena dall’8 al 19 novembre
Signore e signori, alzatevi e «shake your booty!», muovetevi. Da stasera, e per la prima volta, toccherà a Milano rispondere al liberatorio invito di tre alieni che hanno elettrizzato il mondo. Benvenuti al folle «dance party» di Blue Man Group, show newyorchese in technicolor al debutto assoluto in Italia — dall’8 al 19 novembre al teatro degli Arcimboldi — che sfugge a qualsiasi tipo di classificazione ed è, perciò, prototipo di una formula di «performance art» che mescola con allegria musica creativa, teatro fisico, comicità demenziale innaffiati dal colore: 190 litri di pittura, non solo blu ma anche fucsia e arancione, che si accompagna, nella peculiare scheda tecnica della compagnia, a 60 pelli di tamburo, 64 bacchette per le percussioni, 385 marshmallows, 40 pezzi di cioccolato Toblerone ecc.
Per capire che impatto lo show abbia avuto in 25 anni d’attività, come fenomeno globale, basta dire che detiene i diritti di proprietà della gradazione di blu cui deve la propria fama. E che con quella tinta ha illuminato la mole austera dell’Empire State Building per festeggiare, nel 2011, il ventennale del gruppo, e il 17 novembre 2016, il suo quarto di secolo. «Il blu è mistero e libertà, specchio dell’inconscio e canale d’energia, così diverso dal rosso e dal giallo che alludono a emozioni come la rabbia, la paura o l’invidia. È stato verificato che sui bambini ha un effetto speciale, utilizzato anche nella cura dell’autismo», spiega Adam Erdossy, Blue Man Captain. L’insostenibile effervescenza del colore blu si appresta, dunque, a contagiare Milano dopo aver conquistato, in oltre 20 Paesi, 35 milioni di persone con cinque compagnie residenti a New York, Boston, Chicago, Las Vegas, Orlando e Berlino, oltre al «world tour» previsto fino alla fine del 2018.
Com’è nella tradizione delle trovate più riuscite, il successo planetario del gruppo, oggi assorbito da un colosso dell’intrattenimento come il Cirque du Soleil e assurto a icona dello «zeitgeist pop», nacque da una piccola idea scaturita dall’incontro di tre amici del college in un teatro Off-Broadway di Manhattan. Correva l’ormai remoto ’91 quando Matt Goldman, Phil Stanton e Chris Wink, dipinti di blu, muti, ma armati di strumenti musicali da loro stessi inventati, come il «drumbone» (costruito con tubi di scarico e di ventilazione), le Paint Drums («batterie a pittura») e percussioni in Pvc, inondarono di colore ed euforia le prime file di spettatori dell’Astor Place Theatre di New York, dove ancora oggi sono in scena. Niente paura: al pubblico della «splash zone» nella platea degli Arcimboldi sarà regalato un poncho impermeabile per interagire con i performer senza macchiarsi. Presentato da Show Bees, lo spettacolo vedrà in scena a Milano il trio formato da Barney Felix Haas, Thom Rackett e Joe Woolmer (la cui formazione incrocia la danza contemporanea, l’arte del mimo, il teatro musicale), sostenuto dal direttore musicale Nils Westermann e da ben 17 tecnici in azione dietro le quinte di un allestimento virtual-spaziale.
Valeria Crippa (Corriere)
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