Milano 9 Novembre – A Milano è iniziato il processo per il suicidio di Dj Fabo. Imputato Marco Cappato. Imputato senza accusa, visto che la Procura non lo voleva processare. E visto che il PM, tanto per essere sicuro del verdetto, porterà in aula un video sulle sofferenze del defunto. Allora perché stiamo processando il Radicale? Perché la magistratura, di sottostare alla legge, ha sempre meno voglia. E sta aspettando, con sempre più impazienza, di potersela scrivere. Per cui arrivando con il caso in Cassazione, potremo finalmente avere una legge sul fine vita scritta dall’ANM. Per cui va in scena questa farsa, in cui tutti, ma proprio tutti, in aula sono d’accordo. Ed allora lasciate che in poche righe mi arroghi il ruolo di defensor Vitae, difensore della Vita. Scrivendo la parte centrale di una immaginaria arringa in difesa di un mondo.
Qui, infatti, non si tratta il caso limite di un uomo confinato in un letto di dolore. Qui si scrive un mondo. Lo si sta creando. Ed è importante che siamo chiari sugli schieramenti in campo. Perché tutto si regge su una menzogna. Non è, infatti, vero che si contrappongano una visione etica e totalitaria ad una libertaria. Non si discute, infatti, sulla LIBERTA’ di DJ Fabo di suicidarsi. Si discute, invece, sul DIRITTO di farsi uccidere. Ed il diritto, per esistere, richiede uno Stato che lo garantisca. Uno Stato che ingerisca, decidendo quali vite siano o meno indegne di essere vissute. Ci aspettiamo, infatti, che si discrimini tra le richieste fondate e motivate e quelle infondate. E queste ultime vanno respinte, punendo anche chi aiuti. Prendiamo il depresso all’interno di una crisi. Se chiedesse a qualcuno di ucciderlo e venisse accontentato, oppure venisse messo nelle condizioni di suicidarsi, noi chiederemmo una severa punizione. Noi, Signori Giudici. Noi incluso l’imputato. Così come, lo ripeto, nessuno chiederebbe l’imputazione per tentato suicidio. Reato che esisteva, come tutti ben sappiamo. Nessuno propone di riesumarlo. Nessuno di noi, Signori Giudici. Nemmeno io.
Quindi qui abbiamo uno scontro tra due visioni etiche. E tra due visioni di Stato. E quella che prevarrà scriverà la storia futura di questo Paese. Ecco, quindi, la posta in gioco. È una mattina uggiosa. Siamo sul cornicione di un palazzo. Davanti a noi un uomo sul cornicione. Vorrebbe buttarsi. Non trova il coraggio. Improvvisamente, da dietro, uno sconosciuto corre e lo spinge di sotto. Questo scenario, secondo Cappato, dovrebbe generare l’assoluzione dello sconosciuto. Gli applausi della folla. La comprensione della società. E l’accusa, ferma e determinata allo Stato, che non ha fatto intervenire la forza pubblica per facilitare il salto. Secondo me, questo è omicidio. Ma le nostre opinioni sono irrilevanti. Come lo è quello della gente che, finora, non ha mai eletto un Parlamento che legiferare. Oggi l’unica opinione a rilevare è la Vostra, Signori Giudici. E la domanda, la domanda vera, la domanda più profonda è: volete essere voi quello sconosciuto?
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,