La poltrona di Fracchia rivisitata conquista l’oscar del design

Cultura e spettacolo

Milano 10 Novembre – C’era una volta Fracchia, sprofondato fra le pieghe della mitica poltrona a sacco di ZanottaPaolo Villaggio si contorceva, rotolava, annegava. E non era certo l’unico ad aver di questi problemi. Ogni qual volta la designer milanese Manuela Bucci incontrava poltrone simili, il pensiero si soffermava su quelle posture a tratti grottesche. Perché non dare un aiutino a “Fantozzi” and Co? Così oltre ad avere ribaltato l’idea della tipica poltrona, con seduta rigida e imbottitura sopra, ha rivisitato e rivoluzionato il «sacco» rendendolo unico e strappando con la sua «Île Flottante» anche il prestigioso Red Dot,il «Pulitzer» dei designer. L’ha ritirato giusto qualche giorno fa a Singapore: 37 esperti mondiali hanno applaudito quella creazione, che aveva fatto capolino per la prima volta al Salone del Mobile. La sua formula magica – rigido su base morbida – è stata anche brevettata: l’Île Flottante galleggia come un’isola su un cuore soffice, composto da palline di polistirolo espanso e rollofil sormontato da una scocca rigida, in plexiglass.

«Una scocca personalizzabile – racconta Manuela Bucci – nel plexiglass può essere annegato ogni tipo di tessuto». Ne ha già sfornate dieci, una diversa dall’altra. I giochi cromatici sono infiniti e all’orizzonte c’è anche una versione in legno per gli esterni. Ha annegato anche le fotografie nel plexiglass, unendo le sue passioni: volti e paesaggi, anche meneghini, ingranditi al pixel e trasformati in pattern, in decoro. Il sogno, non così lontano, è trovare ora un’azienda che le metta in produzione e in circolazione. E pensare che la mamma della «Île Flottante» dopo il liceo artistico al Santa Marta stava per svoltare verso Ingegneria: fortunatamente scoprì che il Politecnico aveva dedicato una sezione al Design e si tuffò. «Mi ha aiutato la mia passione per i modelli – racconta –. Già quando studiavo dovevo far vedere e toccare quello che avevo in testa, per la tesi realizzai un modello di scooter in scala uno a uno che mi ha aperto le porte». Le prime commissioni non tardarono ad arrivare, con Aldo Cibic e Cini Boeri. Gli schizzi sulla carta, col tocco della Bucci, diventavano in 3D. Dopo aver intrapreso la strada del design industriale e dopo aver lavorato con Makio Hasuike, Manuela Bucci iniziò la sua carriera da solista, col suo studio in via Savona, continuando la consulenza per grandi marchi e coltivando i suoi progetti nel cassetto, come la poltrona anti «effetto Fracchia», appunto.

«Non sono partita proprio da quel film né dal sacco di Zanotta in particolare anche se chi non ha mai visto quegli spezzoni, con Villaggio che si accartocciava per cercare di tornare su? – strizza l’occhio –. Stavo pensando a quei grossi sacchi e alle posture, così ho studiato come facilitare la seduta e mi è venuta l’intuizione di irrigidire il sacco con una scocca semirigida, pur conservando l’informalità della seduta stessa. Potrebbe essere una poltrona a bordo piscina, da lounge o per le camerette dei bambini. Le puoi impilare, le sposti, puoi intercambiare la scocca». Per caso al Salone le capitò sotto gli occhi la scadenza per il Red Dot e iscrisse la sua creatura. «Non ho mai smesso di credere in questo oggetto», confessa. Dopo mesi di silenzio il verdetto con una mail alle 4 di notte: «Ero ancora al lavoro, pensavo di leggere il classico “Grazie per avere partecipato” e invece sorpresa». L’ Île Flottante» made in Milano non sprofonda ma vola a Singapore e sfila davanti ai guru del design. Arriva anche il messaggino di un amico, con la foto di Paolo Villaggio di profilo, seduto sul sacco: «Se Fracchia avesse avuto una Île Flottante non sarebbe stato così». Avrebbe tenuto la schiena dritta. Il pensiero di Manuela Bucci ora vola anche a lui. «Sarebbe stato bello farlo sedere lì». Simona Ballatore (Il Giorno)

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