Milano 18 Novembre – Alla mostra c’è Guevara. Si, e costa pure cara. A Milano hanno avuto l’ideona, in occasione del 50mo anniversario dalla morte di Ernesto Che Guevara, di dedicargli un’esposizione, Che Guevara. Tu y todos, in cui celebrare l’uomo, il combattente, perfino il poeta intimistico.
Ora, non pare proprio un colpo di genio concedere così ampio spazio (1.000 mq nella Fabbrica del Vapore) e così lungo tempo (l’esposizione durerà ben 4 mesi, dal 6 dicembre al 1 aprile 2018) per omaggiare un personaggio che nella sua carriera ha collezionato sicuramente più morti che rivoluzioni vinte ed è rimasto nella leggenda solo grazie alla circostanza di essere morto giovane; altrimenti, anziché di un Mito, oggi verosimilmente parleremmo di un Mostro, trasformato magari in un dittatore alla Fidel Castro. Ma tant’è, la storia gli è stata benevola così come la memoria agiografica successiva.
Ancora più disturbante è il fatto che a coprodurre la mostra sia il Comune di Milano, non uno sponsor privato, una fondazione politica o un’associazione di reduci del comunismo. Ma un ente pubblico che così, e colpevolmente, si schiera dalla parte di un personaggio quantomeno controverso, rinunciando all’equidistanza istituzionale (anche se la maglietta di Che Guevara esibita dall’allora candidato sindaco Sala doveva far temere il peggio).
Il punto però più paradossale della mostra è tutto squisitamente economico e riguarda il prezzo per accedervi: 15 euro. Sì, avete capito bene. Praticamente più di qualsiasi altra mostra milanese in programma, più dei 14 euro per vedere Toulouse-Lautrec e dei 13 euro per ammirare i capolavori di Caravaggio (entrambi a Palazzo Reale), più ancora dei 12 euro per godersi Klimt (al Mudec), più di tutte le esposizioni che si tengono alla Triennale (dove il prezzo è fisso, 12 euro). Niente, per assistere a vita, morti e disfatte di Che Guevara bisogna sganciare bei soldoni. E qua sta il cortocircuito. Lui, l’eroe del proletariato, il paladino contro lo sfruttamento e le ingiustizie sociali, il nemico del denaro come veicolo di oppressione, beh, gode ora di un trattamento speciale, di una corsia-ricchi, per poter essere ammirato. Alla faccia del comunista..
Ma forse in questo una ratio c’è. E sta nel fatto che l’ideologia di Falce e Martello è come il Fumo, nuoce gravemente alla salute, e allora se proprio vuoi farti del male respirandone l’odore nella Fabbrica del Vapore, devi pagarci su una tassa. Oppure il gesto degli organizzatori della mostra è magnanimo, ha una funzione apotropaica, esorta cioè i visitatori a non avvicinarsi: alziamo il prezzo del biglietto così solo pochi saranno incoraggiati a venire…
In questo si generano due contraddizioni interessanti che riguardano la natura dell’ideologia e della figura del Che. La prima è che la rivoluzione comunista dice di essere destinata a tutti, ma poi finisce sempre per essere riservata a pochi e si trasforma nel privilegio di un’oligarchia; la seconda è che lui, mito anti-capitalista per eccellenza, è diventato icona pop globale, sfruttata dall’arte commerciale, dall’industria consumistica, da chi ha capito che nome e volto di Che Guevara erano un ottimo strumento di business. Ben intuendo, portafogli alla mano, l’importanza di chiamarsi Ernesto.
Gianluca Veneziani (Libero)
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