Fare carriera sul cadavere delle periferie Milanesi, il caso Pisapia

Milano

Milano 19 Novembre – Il futuro si preannuncia roseo per l’ex Sindaco. Roseo, nel senso anche di rosso sbiadito. Sbianchito. Moderato dalla sete di potere. Nella ricerca spasmodica di alleati, Renzi sta facendo sbocciare le quinte colonne, piantate con grande lungimiranza nei campi avversari. Verdini si prepara a partire per il Sud America, da dove coordinerà i centristi per la sinistra, mentre Giuliano dai salotti bene di Milano, rilancia la sinistra per il centro. Il centro di potere, il centro come presa di distanza dalle periferie. Le periferie reali, tutte le San Siro e le vie Padova d’Italia. Le periferie metaforiche, quelle marginalità, Italiane, troppo povere per godere degli 80 euro e troppo ricche per godere degli incentivi basati sull’Isee. Quelle periferie che da sinistra sognano da sempre di veder sparire. E non riuscendoci con l’economia, perché la prosperità ripugna il socialismo, ci provano con l’estinzione forzata. In assenza di Gulag, si punta alla sostituzione etnica. Quelle periferie che, però, resistono, indomite. Non arrendendosi, ancora agonizzanti dicono no alla sinistra salottiera, che ne usa il corpo per fare carriera. Pisapia lancia la corsa verso Roma, usando come trampolino il cadavere di una città che la sinistra, per vincere, ha dovuto affidare alla nemesi concettuale di Pisapia. Sala. Il manager. L’uomo scelto dalla Moratti. Il dirigente del centrodestra. Ma se espandiamo il discorso, in Regione punteranno su Gori, l’uomo che viene dal mercato, non su Majorino, l’uomo che viene dalla piazza. Insomma, Milano è la tomba dell’anima popolare rossa, ma ne è anche la rampa di lancio. Ogni fallimento è un gradino in più verso il potere.

E pazienza se i disastri hanno regalato cinque municipi su dieci al centrodestra, non è una considerazione che preoccupi né Pisapia, né ai successori chiamati a normalizzare i suoi fantastici successi, nominalmente la Rozza, in corsa per la Regione. Prenderanno i voti dei salotti i primi, che hanno consentito alla buona borghesia Meneghina una fuga onirica dalla realtà ad un mondo di favola in cui i poveri restano poveri, ma sono felicissimi di esserlo. Prenderanno i voti di alcuni abitanti delle periferie i secondi, in particolare di quelli che, rassegnatisi al delirio dei primi, stanno cercando di salvarsi individualmente, non fidando di poterlo fare in gruppo. In comune i due gruppi hanno la certezza, implicita, che non ci sia salvezza reale. E che siamo all’ognuno per sé, Renzi per tutti. Finché dura, poi se ne troverà un altro. I leader passano, i privilegi da conquistare e conquistati restano. Milano, non è dato sapere.

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