I primi giorni non ne voleva sapere della lettiera Poi ha iniziato a difendere persino le mie pantofole.
TriIly era una gattina deliziosa, vispa e vivace di una intelligenza eccezionale. Quando mi recai a casa della mia collega, che mi aveva invitata per scegliere uno dei tre micetti appena svezzati, non ebbi dubbi. Erano bellissimi e giocherelloni, mi colpì uno di loro:aveva un musetto piccolo e una macchietta di pelo scuro che gli lambiva il nasino dandogli un aspetto imbronciato. Il mantello chiazzato a scaglie di tartaruga bianco, grigio e marroncino chiaro, le zampette bianche e gli occhi verdi di giada: era una femmina, scelsi lei. Come Dio volle, riuscimmo a metterla nel trasportino ed a piedi la portai a casa accompagnata dai suoi disperati miagolii. A casa l’aspettava Black, il magnifico gatto nero di mio figlio che appena la vide in braccio si avvicinò per darle una leccatina di benvenuto. Ma lei, tanto piccina che appena mi stava nel palmo della mano, gli soffiò minacciosa e Black si ritrasse rassegnato non prima di averla avvertita con un suono che nel loro linguaggio poteva avere un significato ostile. Dopo qualche giorno fecero amicizia e tra i due si formò un’intesa perfetta: Black la copriva di leccate così come avrebbe fatto, forse, la sua mamma e Trilli lasciava fare godendo di quelle attenzioni. Dormivano l’una nelle zampe dell’altro, sprofondati in un soffice cuscino. La chiamai TriIly come la fatina dispettosa di Peter Pan. I primi giorni furono abbastanza problematici, TriIly si ostinava a fare i suoi bisognini sul pavimento. Con tanta pazienza, appena la vedevo in posizione “strategica” l’afferravo per la collottola e la mettevo nella lettiera. Lei armeggiava con le zampette scavando nel granulato ma appena mi allontanavo lei svelta svelta, saltava fuori e mi faceva trovare il regalino. Decisi allora di non allontanarmi fino a quando non l’avesse fatta nella lettiera. La spuntai io, la tenni chiusa in casa per tre giorni, poi decisi di accontentarla sguinzagliandola nel giardino di casa. Lei timidamente infilò la sua zampetta tra l’anta del portafinestra che dà sul giardino e così fece la sua prima ispezione, poi subito ritornò in casa. A quel punto decidemmo di dotare la porta di un a comoda gattaiola, ma TriIly non ne voleva sapere di infilare il suo capino nella gattaiola. Si piazzava davanti alla portafinestra e aspettava, talvolta miagolando, per farsi aprire .

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Pensai che il suo piccolo cervello avesse bisogno di più tempo per realizzare che poteva uscire tranquillamente da sola.Venne il giorno della seconda visita dal veterinario. Ritenni inutile chiudere la gattaiola e andai a prendere il trasportino, ma appena Trilly lo vide, sfrecciò come un razzo, infilò la testa nella gattaiola e sparì nel giardino: aveva imparato. L’episodio più incredibile avvenne un giorno d’estate. TriIly era ormai adulta, diffidava di tutte le persone che venivano a casa e non permetteva a nessun gatto di invadere il suo territorio. D’estate venne mia madre a darmi una mano con mio figlio, le scuole erano chiuse. Un giorno trovai mia madre quasi sconvolta: mi raccontò che in mattinata aveva calzato le mie pantofole e si era seduta nella poltrona davanti al televisore. Ad un certo punto le si avvicinò la gattina e cominciò a strusciarsi alle sue gambe e ogni tanto allungava la zampetta verso le pantofole. Mia madre pensò che si volesse rifare le unghie e divertita si sfilò la ciabatta e gliela lasciò: vide la TriIly prendere in bocca la pantofola e dirigersi verso il corridoio, infilarsi in camera, mettere al suo posto la mia pantofola, prendere quella di mia madre e portarla davanti alla poltrona. La gattina non voleva che si usassero le ciabatte della padrona. Soddisfatta, si rimise a sonnecchiare. Trilly restò con noi diciassette anni, se ne andò lasciando un vuoto così profondo che nemmeno Fiocco ,il nuovo gattino, è riuscito a colmare. Fiocco mi fu dato come femmina, ma era un maschio, fui tentata di ridarlo indietro ma non ci riuscii, era così tenero e bello che lo tenni. Col mantello color miele, ha un quarto di nobiltà: è un incrocio con un norvegese, ha il pelo folto e fluente che mi ritrovo dappertutto. Affettuoso con moderazione, si lascia accarezzare e coccolare da tutti tranne che dai bambini, appena ne vede uno che gli si avvicina, scappa a nascondersi sotto il divano. I miei gatti hanno sempre fatto parte della mia famiglia, non li ho mai lasciati in custodia e in vacanza vengono con me, dovunque io vada.
FINIZIA MIGLIACCIO (Libero)
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