Cani a passeggio.

Zampe di velluto

Nel breve tragitto fino a casa m’imbattei in alcune persone che portavano a spasso i propri cani. Uno di questi, un labrador, aveva saputo capovolgere la situazione e sembrava portare lui a spasso il proprio padrone: arrancava, con il guinzaglio al collo, portandosi dietro un ragazzino magro, tutto scarpe da tennis e capelli. Il ragazzino, all’apparenza incapace di resistere a una raffica di vento troppo forte, riusciva tuttavia a opporre una strenua resistenza al desiderio del proprio cane di percorrere di corsa i pochi isolati. A dare forza aggiuntiva all’esile ragazzino era probabilmente l’affetto che nutriva per il suo amico a quattro zampe unito al timore di perderlo.

Un anziano invece si trascinava al guinzaglio un cane che probabilmente era più vecchio di lui perché, anziché mostrarsi smanioso di correre intorno agli isolati come il precedente, si fermava ritmicamente sopraffatto dall’affanno dopo poche zampettate. Forse era anche obeso; probabilmente l’anziano riversava sull’animale i vizi che non poteva riservare ai propri nipoti. In aggiunta era un cocker, una razza che ha la tristezza impressa nel Dna: occhi tristi, orecchie lunghe e cadenti, andamento lento da eterno spossato.

Notai inoltre due persone impegnate a conversare mentre concedevano ai propri cuccioli il tempo di giocare insieme: era proprio l’affiatamento dei loro amici a permettere agli umani di socializzare. I due cuccioli, entrambi paffutelli, erano impegnati in una lotta di pura finzione: il loro atteggiamento giocoso era evidente dal fatto che prima di lanciarsi l’uno conto l’altro in azioni aggressive, si piegavano un po’ sulle zampe anteriori, avvisando così in anticipo che si trattava di uno scherzo. Poi si assalivano e si mordicchiavano un po’ dappertutto per separarsi nuovamente e riprovare un ulteriore attacco, come se il divertimento maggiore consistesse proprio nell’assalto iniziale più che nella lotta. Era buio e faceva freddo, e i padroni avrebbero certo preferito starsene rintanati al caldo nelle proprie case. Eppure, non avevano potuto proprio evitare di fare la consueta passeggiata di fine giornata insieme ai loro piccoli animali da compagnia.

Udii una donna che urlava al proprio chihuahua: – Sbrigati a farla, che non ho mica tempo da perdere io!

Pensai quanto fosse scomodo per il povero animale espletare i propri bisogni quando era comodo per il padrone. Il povero chihuahua, che non sapeva come sottrarsi alle leggi imposte dalla natura per ubbidire a quelle imposte dal proprio padrone, se ne stava seduto guardandosi intorno, un po’ estraniato. Probabilmente aveva fatto l’abitudine a tali ineseguibili comandi, e ciò che entrava per un orecchio, era lasciato liberamente transitare fino a che non fosse uscito dall’altro. Che qualcosa entrasse e uscisse da quelle orecchie, era evidente dal fatto che ritmicamente si agitavano, ma senza dare segno con gli occhi che si prestasse reale interesse a quanto tra di esse vi transitasse. Il poverino, che apparteneva a quella specifica razza canina della quale sembrava che la natura si fosse presa gioco attribuendole l’aspetto di chi fosse stato rasato dappertutto tranne che sulle guance e sulle orecchie, probabilmente avrebbe sentito uno stimolo irrefrenabile appena tutti gli altri in casa si fossero abbandonati alle braccia di Morfeo.

 

 

Dal libro ‘Dea di seduzione’ di Michela Pugliese

Sito: gocciadinchiostro.wordpress.com

 

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