La divelta Torre nera, pienamente restaurata

Cultura e spettacolo

Il mondo è andato avanti

Milano 5 Dicembre – Il mondo è andato avanti. Non significa che il mondo si sia sviluppato né che incespichi in avanti o che corra in avanti. Non richiama lo slogan principe dello schieramento progressista e la propaganda dei partiti del movimento operaio, riassunte nella parola Avanti! Il mondo è andato avanti è un’espressione letterariamente idiomatica, di pura nostalgia, profondamente reazionaria e meramente conservatrice. Contiene in sé la parola simbolo del progresso ineluttabile –Avanti-, enucleandola nel suo contrario. Meno edulcorata, la si potrebbe sostituire con Il mondo è marcito. Oppure in italiano basterebbe anche solo un il mondo è andato, come si dice in Toscana per il vino finito in aceto o la frutta marcita. L’uomo pensa che Il mondo (sia) andato avanti da tempo immemorabile, praticamente fin dall’inizio della sua storia e preistoriadall’angoscia per il Paradiso perduto e dall’esaltato ricordo dell’età dell’oro e dell’Eden.

Paradiso perso per sempre

Come ogni negazione, Il mondo è andato avanti contiene un suo implicito lato positivo, che consiste nella nostalgia, nella rivendicazione, del ricordo amaro, nella richiesta di ritorno di una precedente era aurea, armoniosa, maestosa, solare e felice. Il desiderio che il mondo torni indietro alla passata era magnifica. Che ad esempio si torni alla tradizione, all’amor di Dio ed all’amor di patria, che sono un tutt’uno col rispetto dei genitori e della discendenza, che si torni al valore delle armi e dell’onore con tutto il carico di privilegi e doveri che questi danno e richiedono; che l’armonia, l’ordine e la bellezza che ne scaturisce si sostituisca definitivamente alle sottilità psicologiche, alle nevrosi psicoanalitiche, alla deriva polemica, alla protesta, in una parola alla morale del bene e del male; che la donna, fulcro della figliolanza, torni alla sua funzione di amante, moglie, madre; che si torni alla gerarchia del cielo sulla terra e del volto dei padri tra gli uomini. Come si vede, la valle dell’Eden passa per la cancellazione di ogni modernismo. Content in linea con i romanzi sulla trasfigurazione del romano Arturius nel celtobretone Artù, con la saga di Tolkien o i tomi storici di Scott o con i serial alla Game of Thrones, il cui fascino sta proprio nel racconto di un passato separato da noi, chiuso nello scrigno inavvicinabile del tempo, i cui valori, metodi e pensieri restano morti e passati per sempre. Si può sognare su queste storie in modo inoffensivo perché queste non entrano nella nostra vita quotidiana segnata da valori contrari.

La saga

La saga della Torre scura impropriamente tradotta in nera, di Stephen King, shlockmeister del fantahorror americano, invece precipita il sogno della restaurazione nella modernità, così come i suoi personaggi sono risucchiati nel MedioMondo dal nostro tempo. Un tempo allargato, perché l’intellettuale invalida benestante di colore Odetta Holmes proviene dalla New York degli anni ’60 per divenire l’alter ego Detta Walker/Mia/Susannah, volgare e violenta madre del figlio di Roland Deschain; l’11enne newyorkese, John Jake Chambers, arriva dagli anni ’70 per diventare un altro figlio di Roland ed essere più volte ucciso dal padre; Eddie Dean, 21enne tossico in astinenza e spacciatore, arriva dal Bronx dell’87 a far rivivere il sarcasmo dell’amico di Roland, Cuthbert Algood. L’invalida nera ’60, il ragazzino ipersensoriale ’70, il drogato anni ’80 non sono credibili semidei Pistoleri, eppure la partecipazione, più o meno forzata, al secondo ka-tet, uno da molti, del Pistolero li renderà, come lui, discendenti del sangue di Arthur Eld del reame del Bianco a Gilead.

Il ka-tet di restaurazione

Dunque la Ruota di Ka si rinnova e nel secondo ka-tet rivive il primo, in Susannah Odetta Holmes – Detta Mia Dean, la Signora delle Ombre, rivive Jamie De Curry; nel tocco di  Jake Chambers rivive il tocco Alain Johns, in Eddie Dean rivive Cuthbert Allgood. E in questa soluzione, criptica, il mondo antico della restaurazione, quasi di nascosto, viene traghettato nel nostro tempo. I nostri quasi contemporanei mantengono tic e nevrosi e insieme devono trovare ogni soluzione nell’infallibile mira delle canne delle pistole. La mentalità parafemminista della donna d’oggi si abitua ad un’identità da quasi strega per qualità negate ad ogni altra femmina. I viaggi più o meno paradisiaci delle droghe o del’estasi magica permettono la convergenza tra l’epico mondo del reame del Bianco a Gilead, dove i cavalieri neanche conoscono i nomi dei servi e tra le età del consumismo, che dà un voto elettorale al detentore di uno scontrino.

Tutte le opere portano alla Torre

L’attualità della saga è confermata dal suo essere ricompilazione di tante altre opere dello scrittore King. Padre Donald Callahan, prete dannato due volte suicida di Calla Bryn Sturgis si ripresenta da Le notti di Salem; il demoniaco ed oltre millenario Uomo in Nero, di Delain, arriva da Gli occhi del Drago e da L’ombra dello scorpione, con i molti suoi nomi; il suo padrone Il Re Rosso o Crimson King, della stessa discendenza di Roland, leader del Caos, multiforme, padrone di esseri malvagi e del sadico Lo Spacciatore Jack Mort, compare anche in Insomnia e ne La casa del buio; i suoi soldati Can-toi, gli Uomini Bassi in Soprabito Giallo, sono presenti anche in La casa del buio, in Desperation, in Cuori in Atlantide e nel ruolo dei cattivi inseguitori di Ted Brautigan, in Buick. Tornano e capitano i tanti personaggi e luoghi di una vita di scrittura, da Flagg a Roberts, da Misery ai padri dannati ed ai bambini raminghi, dall’albergo isolato alla macchina assassina fino a Salem.

Roland

Alla testa del ka-tet, il ragazzo Childe, che ancora si impressiona per la minaccia del mostro mangiabambini (Fee-fi-fo-fum,I smell the blood of an Englishman, Be he alive, or be he dead, I’ll grind his bones to make my bread) e l’uomo Rowland che Shakespeare ci dice fosse giunto ad  una torre scura, per annusarvi l’odore del sangue di un uomo (fie, foh, and fum I smell the blood of a Britishman). Essere di età indefinita, della discendenza di Arthur Eld, Roland non è più un giovane cavaliere proveniente proprio dall’Olimpo sognato, ma solo un polveroso cowboy randagio nel deserto del far west alla Leone e nell’horror del MedioMondo e FineMondo alla Lovecraft. Anch’egli agogna la restaurazione del tempo che fu, con la cognizione di essere l’unico ad averne fatto parte. O meglio quasi l’unico, poiché l’Uomo in Nero, l’essere che Roland insegue secondo i versi del poeta inglese Browning, riportati all’inizio ed alla fine della saga della Torre scura, proviene anch’egli dalla Baronia di Gilead, come d’altronde anche il Re Rosso è della discendenza di Eld.

Flagg

L’Uomo in Nero (altrimenti detto Lo Straniero Senza Età, Walter Padick, Walter O’Dim, il Tizio che Cammina, Marten Broadcloak, Richard Fannin e Randall Flagg) vi è stato mago di corte e guardia, consigliere  e traditore del padre di Roland, Steven Gilead, amante della madre e moglie Gabrielle Deschain; ed ha indotto il figlio ad ucciderla. La saga inizia con ’idea ossessiva dell’inseguimento tra due individui (ma saranno tali o non piuttosto mostri o Esseri?) – L’uomo in nero fuggì nel deserto e il Pistolero lo seguì. The man in black fled across the desert and the gunslinger followed – il che non giustifica che, tra fughe e attese, i due ora si sparino, ora si parlino mentre sfuma l’iniziale idea edulcorata dello scontro tra bene e male. La caccia si fa sfida, poi dialogo ed infine specchio, sotto il giudizio tremendo, che condanna il Gunslinger Roland, come stragista e filicida e che assolve il creatore di demoni che agogna il ritorno di Dio nella Torre fino al punto di volersi fare Dio.

Roland è andato avanti

Nato Pistolero, divenuto inseguitore, il ragazzo Child e l’uomo Roland di Gilead via via prendono caratteri contradditori tra di loro: il ragazzino cavaliere, il duellante medievale, il missionario, il capitano di ventura, il demone, il monco randagio, l’omicida di sua madre e di due figli, il prete laico di due ka-tet, il freddo solitario senza sentimenti e senza età precisa, lo schiavo del Vettore, il predicatore, il mago. Anche la mission della storia – la ricerca de La Torre scura dove è diretto l’uomo in nero– sfuma poiché  autore, personaggi e lettori imparano che si tratta, sì di un dovere, ma inutile. La Torre in questo mondo paragermanico, si trasfigura in una misterioso e criptico santo sepolcro, areligioso e innaturale. Essa dovrebbe essere l’eterna ricerca dell’immortalità, il Santo Graal; ma, raggiunta e non avvicinata, si rivela  vuota. Non vi è in essa esistenza di Dio o forse chi vi entra, Pistolero o Uomo Nero, diventa Dio. Il lungo peregrinare, sconfinato, desolato e penitenziale nel deserto solitario, restituisce la consapevolezza religiosa di non volersi fare Dio. Il moderno ripensamento degli errori conferma l’ateismo contemporaneo di fondo. Resta solo l’età dell’oro che non aveva Dio perché gli uomini stessi come sull’Olimpo o nel Wahalla erano Dei.

Al di là del bene e del male

A questo punto non solo la restaurazione è tornata di soppiatto nel nostro tempo ma ha anche portato la dissoluzione del confine tra bene e male. La consapevolezza della morte della morale arriva lenta; supera l’idea ossessionante dell’inseguimento; poi la rivisitazione ed il rovesciamento del mito di Edipo infine l’horror, non quello psicologico o sanguinolento o demoniaco, quanto i resti di un day after postnucleare mutante. I figli uccidono le madri e fanno bene. Roland la madre Gabrielle, amante dell’Uomo nero. Mordred, figlio ragno (grazie ai prodigi della magia e della fecondazione assistita)  di Susannah (e molti altri nomi) e del seme combinato tra  Pistolero e Re Rosso, uccide la sua. Il quale figlio ragno uccide anche (forse) l’Uomo Nero. L’amore razzista per la bella immigrata mexica Delgado ne è causa di morte. Ogni mito è ribaltato e rovesciata la sua interpretazione moderna. L’immoralità divina pagana irrompe; ma è troppo pesante per non nasconderla, con le parole dell’autore, nella definizione di storia più che enigmatica, cervellotica.

L’opera

Righe nel ’70, novelle su riviste nel ’74, un primo libro in edizione limitata nell’82 che per incomprensibilità poteva far finire la saga su un binario morto, poi otto romanzi e cinque novelle, in totale 13 titoli. Le novelle uscite sulla rivista The Magazine of Fantasy and Science Fiction, nell’ottobre ’78 The Gunslinger – Il pistolero; nell’aprile ‘80 La stazione di postaThe Way Station, nel febbraio ‘81 L’oracolo e le montagne, nell‘81 a luglio I lenti mutanti ed a novembre Il cavaliere e l’uomo in neroThe Gunslinger and the Dark Man; cinque storie che poi diverranno 1)L’ultimo cavaliere dell’82. Poi seguirono nell’87 2)La chiamata dei Tre; nel ’91, 3)Terre desolate, titolo originale Terre distrutte; nel 97 4)La sfera del buio in gran parte risalente al ’70. 4b)La leggenda del vento, titolo originale Il vento attraverso la serratura, appendice commerciale uscita otto anni dopo, nel 2012, si colloca nel piano dell’opera dopo La sfera del buio. La saga poi si è chiusa a passo di corsa nel 2003 con la riscrittura de L’ultimo cavaliere e l’uscita de 5)I lupi del Calla e 6)La canzone di Susannah e nel 2004 con 7)La Torre nera, titolo originale La Torre scura.

42 anni

Il neverending writing dello scrittore del Maine comincia quindi nel ’70 per finire sostanzialmente nel 2004 e commercialmente nel 2012; che siano 34 anni, o 42, poco importa; quello che conta è che anche l’opera, dato il lungo tempo di stesura, nel frattempo (sia) andata avanti, come si è visto, anche oltre l’autore. Il beatnik King degli anni dell’avvio della scrittura, uno studente disoccupato con i capelli lunghi e la barba, come lui stesso si descrive non poteva che odiare epos, mito, imperi, aristocrazia, cavalierato, onore, monarchia, corte, cortigiani e armi. Era però un divoratore di libri, un goloso di film e musica e non poteva restare insensibile ai messaggi di  Hemingway e O’ Connor, di Steinbeck e Pennac, di Poe e Joyce, di Hardy Butler e Yeats; doveva portare su carta le sensazioni musicali prese da Dylan, Baez, Elton John, viste al cinema di Hawks, Kurosawa, Kubrick; soprattutto, a torto o a ragione, subiva il fascino di Tolkien e Scott, di Re Artù e di Guerre Stellari, più tardi di Harry Potter che rimasticava con i comics della Marvel. Era poi superstizioso ed aveva bisogno che il personaggio Roland da lui creato gli spiegasse le ragioni intrinseche del quasi mortale incidente automobilistico nel quale rimase coinvolto nel 1999.

Lo scrittore andato avanti

King scrisse le prime pagine della Torre quando facevano notizia Conan il barbaro, Rambo, Blade Runner, ET, computer, Cd, nonuke, better reds than deads, primo bimbo in provetta e morte di Grace Kelly. Lo Stephen, scrittore ormai famoso e riconosciuto scrisse le ultime righe negli anni di Clinton e della storica sconfitta Usa subita per mano del basketball italiano. Si era ispirato alla saga dell’accademico britannico Tolkien per il quale sono state trovate analogie in Ariosto, Dante, Virgilio, Saffo ed altri celeberrimi, ma restava shlockmeisters erede di Lovecraft, Bradbury e Dick. Restava cioè comunque l’autore della letteratura easy, neghittosa dell’uso della lingua alta citata a presa in giro, incapace di non tifare per gli stallieri, destinata a colpevolizzare o assolvere il lettore a seconda del suo grado di progressismo, lontanissima dai grandi scopi – evasione, ristoro e consolazione– della letteratura classica.

L’opera è andata avanti

Era andato avanti, la saga era andata avanti. Sarebbe potuta essere evasione l’età d’oro delle baronie feudali di Gilead e Mejis se non si fosse fusa con il normale disastro quotidiano di droga, razzismo e abbandono della Terra. La consolazione del Far West ‘800 di Calla Bryn Sturgis, mexica che incontrano i loro Cortez in piena decadenza tecnologica, ha sapore amaro davanti al dayafter nucleare del MedioMondo e del FineMondo che ha superato anche il mondo delle macchine del Diciannove e Novantanove, che hanno preso, e poi perso, il controllo. Cosa è allora il ristoro promesso? Il caos primordiale preannunciato dai Lenti Mutanti? La speranza in treni senzienti ad altissima velocità, robot molte altre funzioni, lupi a cavallo automatici, control center che potrebbero tornare dal secolare disuso? O nei  Vettori laser, centrati sulla Torre scura, che tengono l’armonia di molti universi di fronte alla pazzia incombente? Potrebbe essere il mondo di Scott ed Ariosto di bionde vergini dalle lunghe trecce, streghe, animali fantastici, alberi che camminano, bimboli,aramostre draghi, sfere incantate e palle magiche, uccelli neri, angeli della distruzione, demoni, falchi, stregoni, invasati, riedizione della ricerca del cervello di Orlando? O anche la fine della psicanalisi, sostituita dalla sottilità magica, che cura e che ferisce, che permette ad una chiacchierata di 10 minuti di invecchiarne i protagonisti di 10 anni, che fa sorgere il Sole ad ovest e tramontare a sud? O ancora l’horror evocato alla Lovecraft, tra i resti di nazioni distrutte e pazze città cancellate? Oppure con i nemici di Gilead che cromwellianamente possono piacere sotto la bandiera di Farson il buono, leader della rivoluzione? La soluzione è a la carte; ce n’è una per ogni palato. Qualunque essa sia, condanna il mondo in cui viviamo regolato da inumane concatenazioni economiche e regolatorie che hanno perso l’umanità originaria animale, che non hanno né volto né padre.

Il film

Anche il film, uscito quest’anno, La torre nera (The Dark Tower) di Nikolaj Arcel, primo episodio di un probabile serial, non ha né volto né padre. Il protagonista, di origini britannico-ghanesi, Idrissa Akuna Elba, noto anche come DJ Big Driis/Big Driis the Londoner, propone un Roland da comics dove la litania – non scordare il volto del padre – perde senso. Non c’è più niente della spietata determinazione, vissuta nell’ingiustizia strutturale della vita, dell’attore Eastwood, nella Trilogia del Dollaro di Leone, che aveva come in un flash, mostrato a King volto e anima della figura di Roland, come egli stesso ricorda. Idrissa, come un mediocre formatore di apprendisti artigiani, insegna a sparare come potrebbe insegnare il catechismo; male perché poco interessa agli studenti lavoratori di imparare da un corso inutile, e poco cale al formatore se non passare stipendiato qualche ora pomeridiana. Senza mito e senza età dell’oro e desiderio della loro restaurazione, tutto il film passa nell’attesa insoddisfatta che costumi ipercolorati da supereroi possano distrarre i personaggi dalla noia. Nel mondo di Gilead e nel FineMondo l’unica persona di colore è destinata a restare sopraffatta ed a generare mostri in forza della sua natura; non può avere un solo volto, né suo figlio può avere un solo padre. La Torre scura lascia un messaggio, né enigmatico, né cervellotico, come è stato detto, ma profondamente eversivo, in cui il sogno del ritorno all’età dell’oro eroica e divina non è un immaginazione inoffensiva. I Pistoleri preferiscono la morte al ritorno alla fuorviante disquisizione di bene e male. Tutto ciò che in miliardi di parole filtra lento come acqua piovana senza un clamoroso segnale di veleno, in un film avrebbe fatto incriminare la produzione o la distribuzione, a meno di non farne un messaggio onirico o naive alla Tarantino. La sua uscita a parte orripilare però rafforza ancora di più quanto è stato cancellato, obnubilato, nascosto al pubblico dal film. Tower di Babele etnica, la Torre suggerisce a tutte le razze di cercare la propria, non ad affollarsi alla prima raccontata. A partire dall’ovvia considerazione che ciascuno debba ricordare il volto dei propri padri chiunque essi siano stati, per quanto la modernità desideri imporre a tutti una paternità vasta, anonima, diafana, indistinta, lombrica.

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