In Italia, per il nostro sistema giudiziario, meglio un bel funerale che un brutto errore. Per cui, se si deve decidere, meglio, decisamente meglio, farsi sparare, derubare, picchiare, insultare e bullizzare piuttosto che correre un rischio, andare a riprendersi ciò che è nostro. In sintesi, questo è il ragionamento che sta dietro il caso di Serle, provincia di Brescia. Qui, un ragazzo vede il fratello derubato. Chiede ad un concittadino di chiamare i Carabinieri. Poi, sapendo che se non si attiva, la roba rubata non tornerà mai indietro, prende il fucile ed insegue il delinquente. Poi un colpo nella notte. Il ladro morto. E, per il tribunale, questo è omicidio. VOLONTARIO. La mostruosità sta tutta qua. Volevate dare un segnale? Il nostro codice ha una cosa chiamata omicidio colposo. Non è legittima difesa? Discutibile, ma accettiamolo. Non è eccesso della stessa. Ancora più discutibile. Ma passiamo oltre. Ma omicidio volontario è insulto. E non devo essere l’unico a pensarlo. La PM aveva chiesto, infatti, sedici anni. Una pena appropriata ad un omicidio volontario. L’imputato ne ha portati a casa quasi dieci dal tribunale, segno che non solo si è scelto il minimo di partenza, ma lo si è pluri ridotto con le attenuanti. Aprendo ad una riforma in appello, a bocce ferme ed a emotività svanita. Perché questa è una sentenza emotiva. Che poggia su un fondamento, però, criticabile ed odioso. Dice infatti la PM:
“Se i carabinieri fossero stati chiamati, oggi non saremmo qui a discutere di omicidio volontario, ma di un semplice processo per furto” aveva detto il pm Kati Bressanelli davanti alla Corte d’Assise di Brescia nel corso delle repliche del processo di primo grado.
Il pm aveva chiesto la condanna a 16 anni di carcere per omicidio volontario. “Il sottofondo di questa vicenda è chiaro – ha detto il pm – la vittima è un ladro e chi ha sparato è un bravo ragazzo. La legge vieta il furto, ma anche di uccidere”. Il pm bresciano ha poi aggiunto di non aver “mai pensato che Franzoni sia uscito di casa con l’intenzione di uccidere, ma che si sia trattato solo di un impeto”.
Così Repubblica, come vedete c’è un problema. I Carabinieri, non da lui, ma furono chiamati. Quindi? Quindi il retropensiero, mostruoso, è: se LUI avesse chiamato i Carabinieri ed avesse accettato di farsi derubare, fosse stato a casa, avesse rinunciato a rivedere mai i propri beni ed avesse metabolizzato che in Italia gli innocenti non sono sicuri in casa propria, tutto sarebbe andato bene. Il processo per furto si sarebbe prescritto. L’Albanese sarebbe stato in giro a rubare ancora. Questo è ciò che suggerisce la PM. Ma alcuni Italiani non si arrendono. E vanno condannati, dice il giudice. Altrimenti agli altri potrebbe venire la voglia di non sottomettersi alla paura ed al crimine.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,