L’ipocrisia degli scioperi Natalizi

Attualità

In Italia ci sono due grandi problemi oggi: la disoccupazione ed i sindacati. Ed il rapporto tra i due è netto e determinante. Ci vuole, infatti, tutta l’irresponsabilità dell’ideologia per chiedere ai clienti di sabotare il tuo datore di lavoro. Anche se il giorno scelto è Natale. Soprattutto se è del tutto evidente che la popolarità tra i lavoratori non è delle più alte. Il casus belli è quello del centro commerciale di Orio al Serio. Dichiarano i sindacati:

“Esaurite le possibilità diplomatiche – dicono i sindacati FFilcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil- non resta altro che scendere in campo con ogni mezzo possibile, visto che le aperture sembrano ormai inevitabili, nonostante il presidio del 27 novembre. Adesso ci aspetteremmo una ferma presa di posizione anche da parte dei clienti, dato un flop di accessi e di incassi nei giorni di festa aiuterebbe le rivendicazioni dei lavoratori di servizi che, ci piace sottolineare, non sono certo essenziali”.

Vediamo di riflettere un attimo sul dato. Se vi fosse un fronte comune dei lavoratori, non staremmo qui a discutere. Il 25 ed il 26 il centro commerciale resterebbe inevitabilmente chiuso. È del tutto evidente che così non sia. Quindi viene indetto uno sciopero. In due giorni. Un po’ alla volta. Per aumentare l’effetto. Anche qui, non deve esserci stata un’adesione proprio plebiscitaria. Allora, finite le risorse belliche, non certo quelle diplomatiche, non resta che rivolgersi ai clienti, sperando nel boicottaggio. Strategia geniale se mai ve ne fu. Demonizziamo il datore di lavoro, infamiamolo davanti al cliente. Tanto siamo dipendenti delle Poste, siamo in un monopolio di fatto. Non c’è mica una concorrenza spietata. E chi non viene a Natale, di certo tornerà quando fa comodo a noi. Dite che non funzioni così? Sul serio? Vi dirò, un po’ lo sospettavo anche io. E quindi? Quindi a Natale si lavora. Che il lavoro sia “essenziale” o meno. Come fanno i ristoratori fuori da Orio al Serio, come fanno i negozianti delle località turistiche. Non siete speciali, non siete delle anomalie. Il mondo cambia, stare a casa a Natale diventa un privilegio. Un privilegio che fa a pugni con il vostro posto di lavoro.

Una nota teologica. La Curia sostiene l’idea che a Natale non si debba lavorare, anche se si mette a rischio il posto di lavoro. È immorale. In effetti, la posizione è Evangelica. Sentite qui dove se ne parla:

Marco 2,23-28

Gesù, signore del sabato
23 Or avvenne che in giorno di sabato egli passava per i campi, e i suoi discepoli, strada facendo, si misero a svellere delle spighe. 24 E i farisei gli dissero: «Guarda, perché fanno ciò che non è lecito in giorno di sabato?». 25 Ma egli disse loro: «Non avete mai letto ciò che fece Davide, quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e quelli con lui? 26 Come egli entrò nella casa di Dio, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani di presentazione che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?». 27 Poi disse loro: «Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. 28 Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

Come vedete l’obiezione ha duemila anni. Ma per fortuna interviene il Signore a spiegare che lavorare a Natale non è peccato. È peccato, semmai, bruciare il campo di grano cosicché nemmeno chi ha fame possa raccogliere…

 

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