Milano 21 Gennaio – La bella signora che da quando è divenuta nonna testimonia il dramma della deportazione è stata nominata senatrice a vita. Ci ha sempre detto che prima di diventare nonna non era mai riuscita a raccontare nulla della tragedia. Della sua, di quella di milioni di persone di ogni età, ceto, provenienza, cultura. Solo nei confronti dei propri nipoti, che le hanno chiesto semplicemente «Nonna, ma che è successo?», ha sentito il dovere di aprire i cassetti della memoria. Ed è quello stesso dovere di testimonianza, di «ritrovare» la parola, che oggi continua a portarla nelle scuole.
Esiste una tradizione, negli istituti scolastici milanesi, di apertura al dialogo e al confronto con i testimoni della Resistenza e della deportazione. I più giovani, insomma, possono e devono sapere meglio quali sono le radici della storia comune del nostro Paese. Anche per questa ragione, e in tempi come questi, che rischiano ancora una volta di diventare oscuri, la nomina di Liliana è di quelle che ci rendono felici.
Liliana Segre il 30 gennaio 1944 partì dal binario 21 della stazione Centrale di Milano: destinazione Auschwitz. Da quello stesso binario, qualche tempo dopo, anche nostro padre partì: destinazione finale Mauthausen.
Il nostro legame con lei è dovuto in parte a questa comune storia familiare. E in parte alla circostanza che Milano, la nostra città, ha sempre rispettato la memoria Attiva nell’Aned e voce del comitato per le Pietre d’inciampo, ha scelto soprattutto gli studenti per parlare di chi ha combattuto il nazifascimo e di chi è stato dai nazifascisti deportato. Le manifestazioni comuni del 25 Aprile qui, in una città Medaglia d’Oro della Resistenza i motivi razziali ed i motivi politici della deportazione di Liliana e di nostro padre si unirono allora, come sono stati uniti dopo il loro ritorno dai lager perché la loro volontà e le loro azioni andavano in un senso unico: non lasciar dimenticare l’orrore dei campi di sterminio, le ragioni che lo determinarono, come la volontà di dominio, il razzismo, l’anticomunismo, l’odio verso le libertà e le diversità.
Non sempre in Italia è stato facile far convivere i valori della Shoah con i valori della deportazione politica, e farli quindi prevalere sui tentativi di revisionismo. Liliana, in questo impegno è stata protagonista. L’anno scorso, invitata a parlare per la proiezione del film di guerra arrivato in Italia dalla Russia, quello di un ufficiale dell’Armata Rossa che entra per primo nel campo di sterminio, ha commosso ancora una volta la platea. Ma lei non volle vederlo.
Quei fotogrammi le riaprivano in maniera violenta una ferita mai richiusa. Questa volontà d’impegno e di testimonianza è la sua cifra. Quando in occasione del convegno organizzato a Palazzo Reale il 24 gennaio 2016 le abbiamo telefonato e con una certa timidezza le abbiamo chiesto se volesse intervenire per parlare di nostro padre, ha risposto: «È un dovere e un onore».
Liliana è iscritta all’Associazione Nazionale Ex Deportati (Aned) di Milano e ha sempre cercato l’unità intorno ai valori della Repubblica e della civiltà europea contemporanea. E qui a Milano si è sempre riusciti a tenere aperti canali di comunicazione che altrove, in Italia e nel mondo, si sono, invece, chiusi.
Il tempo passa, la gente dimentica. C’è chi fa battute politiche sulla razza. Si affacciano all’orizzonte nuove destre estreme e preoccupanti. Liliana c’è sempre. C’è anche oggi in qualità di presidente del comitato per pietre d’inciampo Milano, che ha presentato il suo programma: e nell’aula consiliare a Palazzo Marino, lunedì scorso, ha voluto scambiarsi il ruolo con il rappresentante dell’Anpi. Per parlare lei della deportazione politica, lasciando a Roberto Cenati la parola sulla deportazione razziale.
È come se i «grandi vecchi» dicessero ai più giovani di resistere sulla difesa dei valori della Costituzione, senza se e senza ma. Auguri alla bambina che è stata deportata per la colpa di essere nata, auguri per la nomina ricevuta dal presidente della Repubblica. «Congratulazioni a Liliana Segre, nuova Senatrice a vita. Una nomina di grande importanza, che arriva a ridosso del Giorno della Memoria. Un riconoscimento che, attraverso lei, va a onorare il ricordo delle vittime dei nazifascisti. E che ricorda l’impegno di Milano, nel passato e ai giorni nostri», ha scritto il sindaco Beppe Sala. E anche la Fondazione Memoria della Deportazione e, se permette, noi stessi, abbracciamo la nuova senatrice.
Floriana e Gianluca Maris (figli di un deportato politico)
(Repubblica)
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