In via Ripamonti passante preso a sprangate da un camerunense. Dalla 90-91 a Quinto Romano boom di violenze. Gli autisti: la situazione è insostenibile.
Milano 26 Gennaio – Chi l’avrebbe mai detto che viaggiare sui mezzi pubblici a Milano sarebbe diventato un esercizio per soli temerari? Sai come sali, ma non sai come scendi.
Tra aggressioni, minacce e furti, spesso opera di immigrati, le tratte e le stazioni sicure in città sono sempre meno. L’ultimo episodio, martedì sera alla fermata della linea 9, all’angolo tra via Ripamonti e viale Sabotino. Quando un senegalese è sceso dal tram e ha fracassato con una spranga di ferro la testa di un giovane che aspettava alla pensilina. Così, senza nessun motivo. La scia di violenze è lunga. E corre soprattutto lungo i fili elettrici della famigerata circolare esterna 90-91. Da piazzale Lodi a piazzale Lotto: 12 chilometri di paura e degrado, tra sbandati, ubriachi e senzatetto. Chi è costretto a prendere questo filobus per andare al lavoro dice che «è come andare in guerra ogni giorno».
E ci sono i fatti a dimostrarlo. A fine ottobre, un sudanese irregolare, senza biglietto all’altezza di piazzale Nigra, ha mandato all’ospedale cinque vigilantes e un carabiniere prima di tentare di mettersi alla guida del mezzo. A metà novembre, un marocchino pregiudicato ha seminato il panico tra i passeggeri agitando un coltello e minacciando di usarlo. Un’altra linea calda è la numero 80, quella che va da Quinto Romano a piazza De Angeli. Al capolinea, venerdì sera un conducente Atm fuori servizio, insultato e picchiato da una baby gang, ha reagito ferendo uno dei ragazzini con un fendente all’addome. Ma c’è anche la 56, l’autobus che attraversa via Padova da Loreto fino al quartiere Adriano. Lo chiamano “Coca Express” perché a bordo è florido lo spaccio di droga. E, in fatto di insicurezza, non scherza nemmeno la 92 che unisce la Bovisa a piazzale Lodi.
Non solo mezzi di superficie, però. Le aggressioni fioccano anche nei mezzanini delle stazioni metropolitane. Lo schema è quasi sempre lo stesso: il furbetto di turno scavalca i tornelli per non pagare, il controllore in servizio lo richiama, e partono le botte. Qui, periferia o centro, poco cambia. A fine dicembre, alla stazione M2 di Gessate, due sudamericani ubriachi hanno aggredito due dipendenti Atm – e i carabinieri giunti in soccorso – brandendo cocci di bottiglia. Motivo? Semplicemente non volevano scendere dal convoglio ormai a fine servizio. Due mesi prima, un salvadoregno con precedenti, dopo aver scavalcato le barriere della stazione di Rho Fiera senza biglietto, ha mandato all’ospedale un controllore che aveva osato cercare di fermarlo. Mentre a inizio settembre, sulla banchina della M3 a Centrale un nigeriano “portoghese” ha preso a calci e pugni due vigilantes. A maggio era toccato a un controllore finire nel mirino della violenza di un egiziano alla stazione di Cadorna con un pugno ricevuto in pieno volto.
«Soprattutto sui mezzi di superficie la situazione sta diventando pesante. Sempre peggio. Milano città sicura? Si vede… Il problema è che i vigilantes hanno solo poteri di tutela del patrimonio, quindi i delinquenti si sentono autorizzati a fare quello che vogliono», spiega Claudio Morgillo, ex sindacalista di Atm candidato alle scorse elezioni comunali nelle liste della Lega. Per migliorare la situazione, dunque, si potrebbe tornare al passato: «Quando lavoravamo in coppia coi vigili i risultati erano evidenti perché gli agenti potevano intervenire direttamente. Così siamo allo sbando. Senza regole né tutele». In ogni caso, le aggressioni che balzano agli onori della cronaca sono solo una parte di quelle reali. Fatte di insulti, minacce, sputi. «Sentirsi dare del figlio di p… non è mica bello, le aggressioni verbali pesano come pietre.
Massimo Sanvito (Libero)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845