Tra le infinite porcherie di questo week end di liste elettorali, in cui la politica, impegnandosi un sacco, è riuscita a superarsi in fatto di scelte ignobili, c’è una storia a lieto fine. La Manfuso, modella 32enne, madre di una splendida bimba di 5 anni, non dovrà sfidare il suo ex fidanzato, nonché padre della summenzionata bambina, Alfredo D’Attorre (oggi in Liberi ed Uguali) in una battaglia durissima in Lazio. Il Collegio Lazio 2 non vedrà, quindi, la disfida dell’anno, grazie al sacrificio di Sara, che, oltre che bellissima, è anche molto matura per la sua età. Ed ha, così, deciso di rinunciare alla più difficile delle proposte. E non ci riferiamo al posto di capolista in Lazio. No, quella era relativamente facile da rifiutare. La proposta cui è davvero difficile dire no è quella che nessuno ha mai nemmeno pensato di farti. Come specifica infatti Marco Agnoletti, portavoce del segretario del PD. “In riferimento alle dichiarazioni della dottoressa Sara Manfuso, ‘rinuncio alla candidatura da capolista non sfido il mio ex D’Attorre’, il Partito democratico chiarisce che nessuno le ha mai proposto di candidarsi, tanto meno da capolista, alle imminenti elezioni politiche”.
Capite quindi il dramma: avevamo a portata di mano la Thatcher di Velletri, ma lei, mettendo gli interessi della figlia davanti ai propri ed a quelli della nazione intera, prima si inventa di sana pianta una candidatura controversa, poi decide anche, in virtù della sua indiscussa moralità e maturità, di rifiutarla. Non è facile rifiutare le candidature immaginarie. Prima di tutto, a chi lo comunichi? E poi, quand’anche lo trovassi, te lo vedi la Manfuso che spiega al funzionario di turno il suo dramma personale? Dovete tenere conto del contesto: è sera. Fuori dal Nazareno fa insolitamente freddo, ma dentro l’aria è gelida. Qualcuno piange. Qualcuno bestemmia. Qualcuno è pietrificato. Poi entra lei, Sara. Ha l’aria decisa. Chiede del responsabile delle liste. Siccome nessuno sa esattamente chi sia ed a nessuno importa nulla, viene girato allo sfigato di turno, quello a cui si mette il sale nel caffè nelle giornate noiose, per farsi quattro risate. Lui è reduce da una giornata difficile, davanti ha una notte decisamente peggiore. È probabilmente senza stipendio e prospettive. E non beve un caffè decente da giorni. Dovete capire, è stata una collezione di giorni molto duri.
In questo contesto, arriva Sara. È molto bella, e questo aiuta. Lui prende un grosso respiro, monta il sorriso di ordinanza e chiede: “Come posso aiutarla?”. Lei è seria, preoccupata. Un filo di trucco messo ad arte. È conscia dell’importanza del momento. Con voce impostata e sguardo diretto dice: “Intendo rinunciare alla mia candidatura”. Questo non ha alcun senso per l’impiegato. Prima di tutto perché non ha idea di chi sia. Se è venuta fin qua deve essere del Lazio, ma lui quelli del Lazio li conosce tutti. Inoltre, salvo Cuperlo, nessuno sano di mente rinuncia ad una candidatura. E’ spiazzato. E così ci casca: “Ah sì, e come mai?”. Non è il collega bullizzato per caso. Seguono due ore di soap, in cui grazie a tecniche di furtività Ninja, riesce a mandare a messaggi a mezzo partito ricostruendo l’identità della donna. Capendo finalmente a cosa stesse rinunciando. Non esattamente chi fosse (le parole “D’Attorre” e compagna” valgono doppia dose di sale. Ciascuna.). Ma realizza che sarà una lunga, lunghissima notte.
Alla fine della quale Sara, il trucco sfatto causa pianto liberatorio, esce dal Nazzareno e si prepara per il comunicato stampa. Fiera del suo coraggio. Dopotutto rinunciare ad una candidatura immaginaria per il bene di tua figlia è qualcosa che richiede maturità. E lei, Sara Manfuso, oggi è diventata grande. Grazie Sara, ci hai mostrato il volto serio della politica. Ci manchi già.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,