Milano 5 Febbraio – Le ultime code. Le ultime ore per poterli ammirare, scoprendone i segreti nascosti dal tempo e dal colore. Poi, dopo poco più di quattro mesi al piano nobile di Palazzo Reale, le venti opere torneranno a casa. “Il fanciullo morso da un ramarro” tornerà a Firenze, la “Salomé con la testa del Battista” sarà rispedita alla National Gallery di Londra, “Il San Giovanni Battista” si rimetterà in viaggio verso Kansas City, il “Riposo durante la fuga in Egitto” verrà riconsegnato alla Galleria Doria PamphiU di Roma…Eppure, ancora prima che il sipario cali su Caravaggio, a colpi di 3mila biglietti al giorno con punte di 5mila durante gli ultimi weekend, la mostra si prepara ad arrampicarsi fino a lì, al terzo gradino del podio delle esposizioni più viste di sempre a Palazzo Reale. Con le proiezioni che disegnano un’asticella che potrebbe fermarsi tra i 416mila e i 418mila visitatori. Subito dopo gli “storici” Impressionisti del 1996, che conquistarono 553mila persone e il Picasso dei record che, con i suoi 558mi1a ingressi, è ancora medaglia d’oro. Questa volta, sarà davvero finita: dopo la proroga di una settimana concessa per chi non era ancora riuscito a varcare le soglie di Palazzo Reale, oggi – dalle 9,30 fino a mezzanotte – sarà l’ultima occasione per entrare “Dentro Caravaggio”. Con una sola eccezione: “Il martirio di Sant’Orsola”, proprietà di Banca Intesa, ha traslocato a pochi passi, alle Gallerie d’Italia dove fino all’8 aprile sarà ancora il protagonista della mostra “L’ultimo Caravaggio”. Ma ancora prima di tirare le somme e assegnare ufficialmente il titolo di terza esposizione più visitata, è l’assessore alla Cultura Filippo Del Como a rilanciare la possibilità che il legame tra Milano e Michelangelo Merisi continui. L’idea: «Costituire in città un Centro studi permanente su Caravaggio, come lascito di questa mostra storica e nuovo progetto di approfondimento e ricerca». Perché è stata questa, dice Del Como, la cifra di una mostra che, dietro a ogni tela, con filmati e apparati multimediali, metteva a nudo il percorso creativo dell’opera e i ripensamenti, i dettagli aggiunti, le modifiche alle composizioni: «Le mostre possono essere straordinarie opportunità di connessione tra ricerca e divulgazione. Questa, in particolare, è nata da un grande lavoro scientifico che ha permesso di svelare ancora più profondamente l’intreccio tra la vicenda biografica e l’esperienza artistica del Caravaggio», dice l’assessore. Un sogno, per ora, appena abbozzato. Anche perché un centro di questa natura – «Dovrebbe servire come punto di riferimento internazionale per gli studiosi e puntare a convegni e pubblicazioni» – ha bisogno della collaborazione del ministero dei Beni culturali e della Regione. E, spiega l’assessore, «attendo la costituzione dei nuovi ordini di governo delle due istituzioni per dare corpo a una proposta concreta di lavoro». Ma la volontà, appunto, c’è. E non solo perché il genio chiamato Caravaggio, dal nome del paese dei genitori, in realtà, ha proprio qui le sue radici: una decina d’anni fa è stato scoperto in un archivio il certificato di battesimo che sposta la nascita a Milano, il 29 settembre 1571. E a Milano, Michelangelo Merisi impara il mestiere, a bottega da Simone Peterzano, buon pittore allievo di Tiziano. Un senso in più. Con l’ipotesi di eleggere proprio Palazzo Reale come sede della nuova realtà: «Potrebbe celebrare ancora di più il legame simbolico con la mostra». Un’esposizione (è stata prodotta dal Comune e MondoMostre Skira con il Gruppo Bracco per le indagini diagnostiche) che, appunto, entra nella storia di Palazzo Reale. Degli oltre 400mila visitatori, il 90 per cento è arrivato dalla Lombardia (il 71,8) e dal resto d’Italia. In testa alla classifica degli stranieri, invece, ci sono gli svizzeri e i francesi.
Alessia Garrone (Repubblica)
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