Droga, pestaggi e case occupate: inchiesta sul racket del Giambellino

Milano

Chilogrammi di droga, pestaggi ai disabili, l’inferno del Giambellino. Blitz della polizia al civico 58, trovati 27 chilogrammi di stupefacenti in una delle case occupate. 

Milano 18 Febbraio – Tecnica investigativa – Prima del blitz gli agenti hanno svolto lunghe indagini su voci, informatori e verifiche. Due civici, quattro balordi, chili di droga e pestaggi ai disabili. Cominciamo dall’alloggio 55 al secondo piano della scala C del 58 di via Giambellino e da chi ci abitava: Mina Ibrahim Shehata, egiziano 24enne irregolare, con precedenti e destinatario di provvedimenti di allontanamento dall’Italia mai rispettati. In Italia, Shehata ci stava bene. Fin troppo.

La gestione delle dosi

L’egiziano viveva insieme a un italiano. Si chiama Luca Rancati, milanese del 1966. Non è l’unico italiano in questa storia di periferia e case occupate. Ne abbiamo un altro ed era il capo dell’organizzazione, «operativa» proprio al Giambellino e stroncata dalla bella indagine del commissariato Porta Genova, diretto da Manfredi Fava. Non è mai facile operare in questi palazzi disastrati, eterna piaga milanese. Non è facile per colpa della stessa struttura degli stabili che non consente una grande possibilità di movimento e non è facile in conseguenza di una tradizionale capacità di «monitoraggio» del territorio dei criminali, che qui campano cercando di prosperare con i traffici sporchi e vivono con un alto livello di vigilanza e mille precauzioni. Quel terzo uomo della banda è una figura nota alle forze dell’ordine: Filippo Fragale, palermitano 38enne, ha una lunga fedina penale «concentrata» sulla droga. Era lui a muovere i «carichi». Ma gli serviva un imbosco. L’aveva trovato nell’alloggio di Shehata e Rancati pagando il «servizio» con la concessione gratuita di stupefacenti. Nell’abitazione c’è un armadio. L’armadio, posizionato nella camera da letto, conteneva due trolley da viaggio. Dentro i trolley gli agenti hanno scoperto involucri di cellophane che nascondevano in totale, tra hashish e marijuana, oltre 27 chilogrammi di droga. Fragale possedeva le chiavi della casa e aveva accesso libero.

Quel covo nel solaio

I due «magazzinieri» sono stati agganciati dopo una lunga attività sul territorio. Informatori, voci, verifiche, contro-verifiche fino alla decisione del blitz. I due, Shehata e Rancati, dinanzi all’evidenza, non hanno nemmeno pensato alla recita e si sono venduti in tempo zero Fragale. Poco cambia, son stati tutti arrestati dal commissariato, la cui squadra investigativa, protagonista della caccia, ha rinvenuto nell’alloggio bilancini di precisione e strumenti per confezionare dosi, e in un solaio altri grammi di droga. Poteva bastare e invece gli accertamenti della polizia hanno condotto a un’altra sorpresa.

«Io ti sgozzo»

Per arrivare al secondo civico e al quarto e ultimo balordo, bisogna spostarsi di poco, al civico a fianco. Al 60 di via Giambellino — interno C, piano terra — risulta avere la «residenza» il libico 31enne Chochoua Nassim. L’immigrato era ricercato per l’aggressione a una 4oenne belga, originaria di Anderlecht, con una vita di depressione, invalidità, dipendenza dall’alcol, vagabondaggi per l’Europa. Dopo una serata trascorsa insieme in un locale, erano tornati nella casa della donna, che dorme dove capita, sempre nelle tane del Giambellino; il libico l’aveva minacciata di morte («Ti sgozzo»), aggredita a calci e pugni, accoltellata alle mani. Lei era scappata. Lui è stato trovato e, per adesso, denunciato.

Andrea Galli (Corriere)

1 thought on “Droga, pestaggi e case occupate: inchiesta sul racket del Giambellino

  1. Le note e famose case popolari del Giambellino, note per il loro stato, sono un ambiente così degradato da far pietà, cosa volete che nascano le mammolette?
    Pensate a quei poveri italiani, per lo più anziani, costretti, perchè non hanno altre possibilità, ad abitare in ambienti così conciati sia per frequentazioni, che per l’ambiente che per l’abbandono edilizio degli edifici.
    In un ambiente di quel genere un italiano si sente proprio abbandonato e, soprattutto, solo.

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