Il presidente Boccia: «La nostra missione è il lavoro. In cinque anni 250 miliardi di investimenti e 1,8 milioni di nuovi occupati»
Milano 18 Febbraio – «Siamo qui, fuori dalle fabbriche per mandare un messaggio alla politica: non smontare le riforme fatte che hanno dato effetti sull’economia reale. E per indicare come proseguire, con proposte nell’interesse del paese». Vincenzo Boccia prende la parola davanti alla platea di oltre 7mila imprenditori, arrivati a Verona per le Assise generali. E la lunga standing ovation che lo accoglie, ancora prima di iniziare a parlare, è la dimostrazione di quanto il mondo imprenditoriale abbia voglia di sentirsi protagonista, riconosciuto, in questa fase di snodo per il paese.
«Chiediamo al paese di essere competitivi anche fuori dalle fabbriche», perché, continua Boccia, «da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo». Siamo il secondo paese industriale d’Europa: «ma non ci accontentiamo più, sappiamo di poter essere trai primi paesi industriali al mondo, gli imprenditori italiani sono i migliori», ha scandito, tra gli applausi. Bisogna, però, rimuovere quei deficit di competitività che ha il paese. A partire dalle infrastrutture. Dai 4 incontri preparatori delle Assise e dai tavoli tematici di ieri mattina è emerso un documento, “La visione e la proposta”, che affronta i nodi dello sviluppo del paese indicando tre parole chiave: più lavoro, più crescita, meno debito pubblico. «La vera mission è il lavoro, crescita e meno debito sono la precondizione per avere più occupazione». Nella convinzione che la «questione industriale debba essere centrale» e che «non c’è dicotomia tra imprese e famiglie». II documento sarà inviato subito ai segretari di partito, ha annunciato Boccia: dopo il voto ci sarà il confronto con il futuro governo e i presidenti territoriali ne discuteranno con i politici locali. A Verona la politica non c’era: una scelta precisa, per non entrare nel dibattito della campagna elettorale. «Ci confronteremo su proposte concrete, nella nostra autonomia e indipendenza, equidistanti dai partiti, non dalla politica». Boccia ha sintetizzato i grandi numeri: un milione 800mila posti di lavoro in 5 anni, 2% almeno di pil all’anno, un export che cresce più della domanda mondiale, una riduzione del rapporto debito pil di 21 punti, a fronte di risorse per 25o miliardi di euro nel quinquennio, di cui 93 europee. «Un piano prudente nei mezzi, ambizioso nei fini» che segna il passaggio dalla politica dei fattori, sostenuta da Confindustria, a quella delle mission: si individuano gli obiettivi, i provvedimenti per realizzarli, le risorse. In un’idea di visione del paese. II messaggio alla politica è non smontare le riforme, dal Jobs act a Industria 4.o, al piano made in Itay, alle pensioni, e passare alla seconda fase, mettendo in evidenza «la questione temporale», cioè «in quanto tempo si realizzano le infrastrutture, in quanto tempo arrivano le sentenze giudiziarie». Le infrastrutture sono determinanti per la competitività dell’Italia e dell’Europa «Non c’è ideologia che tenga», ha incalzato Boccia. E se qualcuno è contrario, vuol dire che «ha un’idea di paese esclusivo e non inclusivo». Bisogna contrastare la cultura antindustriale. «Evitare quella cultura del sospetto, quasi si voglia equiparare chi fa impresa alla criminalità organizzata» ha aggiunto. Le fabbriche «sono un patrimonio del paese. Non lasceremo a qualche incompetente di fare politica a danno dell’industria». Il documento, ha precisato il presidente di Confindustria, vuole «aprire un dibattito culturale». Nessuna «provocazione», quindi, ma un dialogo sui fondamentali dell’economia. Lavoro al centro, quindi, tenendo sotto il bilancio dello Stato: non ci piace la Fornero, ha detto Boccia, «ma ci sentiamo corresponsabili nel rispetto dei conti pubblici. Si manda con un reddito la gente a casa invece che creare le condizioni per il lavoro», ha continuato, riferendosi anche alla proposta sul reddito di cittadinanza. E alla domanda in conferenza stampa di un eventuale governo di scopo non lo ha escluso, dal momento che ci sono importanti appuntamenti europei nei prossimi mesi e non si possono lasciare le decisioni a Germania e Francia.
Nicoletta Picchio (Il Sole 24 Ore)
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