Parla l’economista del PD “La sinistra sbaglia: la flat tax funziona e aiuterà i più deboli”

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Milano 28 Febbraio – Obiezioni risibili. La flat tax resta l’unica ricetta in grado fare diventare il sistema fiscale italiano un po’ più giusto.

A vantaggio di tutti, ma in particolare di chi ha un reddito medio basso. Non solo. Il sistema ad aliquota fissa è in grado di realizzare quello che la sinistra predica da anni ma non realizza: premiare i redditi da lavoro rispetto alla rendite.

Forza Italia e il centrodestra hanno imposto la flat tax come tema cardine della campagna elettorale. Inevitabili, visto il momento, obiezioni e critiche feroci. Che Nicola Rossi, economista, presidente dell’Istituto Bruno Leoni ed ex parlamentare del Pd, bolla come false. A partire da quella secondo la quale la flat tax non è progressiva.

«La combinazione di una quota esente fissa e di una aliquota proporzionale crea una imposta progressiva», spiega. In altre parole: se la quota esente, quindi la no tax area, è fissata a 12mila euro e la aliquota unica al 23 per cento, «fino a 12mila euro di reddito annuo non si pagano tasse, a 13mila euro si paga l’imposta su mille euro. L’imposta netta è di 230 euro, pari al 3%. Se si guadagnano 20mila euro, l’aliquota del 23 per cento si paga su ottomila euro. Sono circa 2.000 euro, pari a una tassazione del 10 per cento. L’aliquota sale fino ad arrivare a un massimo del 25 per cento per i redditi più elevati».

Tra i miti da sfatare, quello che la flat tax sia un regalo per i redditi elevati. «Il vero regalo ai ricchi – spiega Rossi- è il sistema attuale. I ricchi solitamente hanno redditi da capitale, non da lavoro. Per tutte queste fonti di reddito ci sono già oggi aliquote molto vicine a quelle ipotizzate per la flat tax, più basse di quelle che gravano sui redditi. Il sistema attuale è un paradiso per le persone più abbienti, anche perché molte detrazioni, deduzioni, bonus e trattamenti di favore sono utilizzati soprattutto dai ricchi. Dubito che nei quartieri più poveri si utilizzi il bonus giardini, si scarichino le spese per il veterinario o la palestra».

Insomma, la flat tax ci costringe a ripensare l’equità fiscale. «Rende uguale l’aliquota su tutti i redditi, sia da lavoro sia da capitale».

Altra obiezione classica: non è mai stata adottata nei paesi europei. «Poco fondata – assicura Rossi – perché la tendenza è comunque a ridurre le aliquote perché la globalizzazione sta smaterializzando le basi imponibile. Conviene iniziare subito a ragionare su un sistema fiscale diverso». Comunque, «sappiamo già che, ovunque è stata adottata, ha migliorato il rapporto tra contribuenti e fisco».

Le tasse «non si pagano mai volentieri, ma si pagano con meno riluttanza se sono trasparenti. Il nostro sistema attuale è straordinariamente complicato e soprattutto molto opaco. Non so perché devo pagare, ma ho la certezza che per il mio vicino valgano regole diverse dalle mie, per ragioni che non capisco».

Sulle coperture non ci sono dubbi. «Occorre andare con i piedi di piombo vista la situazione delle finanze italiane. La flat tax dovrà essere coperta adeguatamente. Se spunteranno soldi in più in termini di gettito, si potranno ridurre ulteriormente le aliquote».

Sicuramente andranno sforbiciate le tax expenditures, cioè le spese fiscali. Ma non molto, «altrimenti non si riduce la pressione fiscale». Ma servirà anche un’altra spending review. Rossi fa cifre molto simili a quelle calcolate da Forza Italia. Almeno 27 miliardi di revisione della spesa. «Mi limito a rilevare che tra il 2014 e il 2016 la spesa è stata ridotta di 30 miliardi, che purtroppo sono stati buttati in tante piccole cose che non hanno lasciato alcun segno nell’economia». Sarebbe stato meglio ridurre la pressione fiscale di un paio di punti. Se si mettessero in campo tagli alla spesa simili, questa volta destinando le risorse liberate esclusivamente alla flat tax, «riusciremo a consegnare al Paese un sistema più trasparente e più equo, dando ai cittadini il segnale di un cambio di passo». Antonio Signorini (Il Giornale)

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