Milano 13 Marzo – «Mi aggiravo fra le rovine, i sassi e i muri diroccati lasciati dai precedenti abitanti del Palazzo Citterio nel giardino che lo collega alla Pinacoteca di Brera. L’idea mi è venuta lì, guardando l’enorme cumulo di macerie. Avrei costruito un “muro longobardo”, fatto di pezzi di pietre e frammenti di recupero trovati in loco, così come i longobardi tiravano su le loro mura. Ho pensato che fossimo nel luogo ideale per citare la grande radice longobarda di Milano».
Mimmo Paladino, artista italiano celebrato in tutto il mondo, conosce bene l’architettura longobarda perché è originario di Paduli, in provincia di Benevento, l’ultimo ducato sopravvissuto fra tutti quelli fondati dalla popolazione germanica che nell’alto Medio Evo invase l’Italia spingendosi fino al Sud. E i richiami longobardi portano anche alla vicina Brescia, che da un anno sta celebrando Paladino con una mostra al museo di Santa Giulia e un percorso di grandi installazioni disseminate nell’intera città, dal Parco archeologico a piazza della Vittoria al Duomo Vecchio fino alla Stazione ferroviaria.
Com’è nata l’idea di inserire un’opera d’arte?
«Credo che ci fosse la necessità di pensare a un segno della contemporaneità in questo giardino e quando ho proposto il muro longobardo la sovrintendente si è mostrata subito entusiasta».
Non ha avuto paura che avesse un impatto troppo forte?
«Non penso mai a occupare uno spazio in modo prepotente. Al contrario, lavoro nello spazio con qualcosa che possa sottolinearlo. Qui l’idea di appoggiarmi al muro confinante con la proprietà di Bulgari mi sembrava la soluzione più consona al mio modo di operare. L’intenzione è far attraversare lo sguardo nella zona confinante, senza recinti».
Ci racconti come è avvenuta la costruzione del muretto.
«Io avevo naturalmente un progetto, ma la sua esecuzione è stata lasciata anche alla casualità delle pietre che venivano raccolte. Materialmente se ne sono occupati dei bravissimi muratori pugliesi, quindi con una grande tradizione artigiana di muri a secco. Nei buchi e nelle nicchie irregolari che si sono create fra una pietra e l’altra saranno collocati piccoli frammenti scultorei di teste, cavalli, vasi, capitelli, in bronzo o mosaico. Un po’ per scelta estetica, un po’ per la sua composizione strutturale, col tempo al muro si aggiungeranno altri frammenti».
Qualcuno potrebbe obiettarle che questa «estetica del frammento» confligge con la contemporaneità
«Ma quella in cui viviamo non è un’età monolitica, di certezze. La nostra è piuttosto un’epoca di frammenti. E qui a Brera siamo in un luogo di memorie antiche e botaniche, tuttora vive. Questo muro non è una citazione nostalgica, ma l’espressione di come il passato possa essere ispiratore del presente, e quindi sempre vivo e contemporaneo».
Bulgari si è detto subito entusiasta: parteciperà all’intervento?
«Sì, le pietre del muro non ci sono costate nulla, erano già lì; le fusioni in bronzo e i mosaici saranno invece pagati da lui e l’inserimento di figure si estenderà anche sul suo lato. Una bella collaborazione fra vicini».
Francesca Bonazzoli (Corriere)
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