Da amministratore unico di Sicilia e Servizi, avrebbe percepito indebitamente rimborsi di viaggio e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato sproporzionata rispetto agli utili realizzati
Milano 17 Marzo – Il gran regista del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, Antonio Ingroia, l’implacabile accusatore di Mori e Mannino, di Contrada e Dell’Utri, lasciata la toga di pubblico ministero, dopo fallimentari scalate in politica, lo ritroviamo incriminato per peculato dai suoi stessi ex colleghi della Procura di Palermo, con un provvedimento di sequestro emesso ieri per 150 mila euro. Cifra pari, secondo il gip Marcella Ferrara, alle somme indebitamente incassate da Ingroia come amministratore della «Sicilia e Servizi Spa», una società regionale dove lo aveva piazzato l’ex governatore siciliano Rosario Crocetta con una poltrona di consolazione. Epoca di grandi pulizie, si disse, secondo un’immagine che frana davanti al (presunto) peculato, aggravato da conteggi non esaltanti.
Valanga di rimborsi
A fronte di utili societari per 33 mila euro, come «indennità di risultato», Ingroia solo nel 2013 si sarebbe autoassegnato un premio di 117 mila euro, sommato ai 50 mila euro di stipendio. Bonifici arrotondati da una valanga di rimborsi spese, più di 37 mila euro in un paio di anni, per soggiorni in costosi hotel, dall’esclusivo e lussuoso albergo sulla costa di Palermo, Villa Igiea, ai centralissimi Excelsior e Palace Hotel. Tutti a due passi dall’ufficio frequentato mentre apriva uno studio di avvocato a Palermo, ma sempre sostenendo di essere «residente a Roma» come ribadisce anche adesso, indispettito: «Ho letto la notizia sui giornali, prima della notifica. Ma ho la coscienza a posto. Si tratta di una mia legittima retribuzione. La verità è che ho denunciato sprechi per centinaia di milioni di euro, soldi che solo io ho fatto risparmiare». Di diverso parere chi gli contesta anche le cene in ristoranti di Palermo e Roma, frequentati con assiduità, forse per pranzi di lavoro, forse invitando qualche ospite, visto che per esempio l’ex pm pagò un conto di 100 euro in una osteria romana, all’Esquilino, «Da Vincenzo». Ben poca cosa rispetto all’elenco delle ricevute messe in ordine dalla Guardia di Finanza sommando fino a 37.710 euro. Richieste di rimborso «in spregio a previsioni… e direttive dell’assessore al Bilancio». Perché la lettura degli specchietti riepilogativi contenuti nelle 36 pagine del Gip lascia scoprire pagamenti consistenti. Soprattutto «Villa Igiea», dove Ingroia salda il conto del 30 giugno 2014 con 2.275 euro e 40 centesimi, il primo ottobre con 1.657, quasi la stessa cifra del 15 ottobre, 1.687 euro. E due settimane dopo, il primo novembre, addirittura 3.949 euro. Sempre con una strisciata della carta di credito aziendale. Poi consegnata al revisore contabile della società, Antonio Chisari, anch’egli incriminato e chiamato a condividere la restituzione dei 150 mila euro. (Corriere)
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