Milano 5 Aprile – È il primo segnale che arriva dal Colle in vista delle consultazioni. O meglio: del primo giro di colloqui, dall’esito scontato, al punto che è opinione diffusa tra i frequentatori del Quirinale che già la prossima settimana ne sarà messo in agenda un secondo, per approfondire e verificare se nel frattempo è maturata qualche novità.
Il segnale, dicevamo, è che Mattarella non si limiterà a registrare lo stallo, fin troppo evidente in un dibattito politico di fatto inchiodato alla sera delle elezioni. Ma chiederà ai partiti proprio come intendano superarlo, per dare al paese un governo “all’altezza della situazione”. Non un accrocco traballante, ma un governo degno di questo nome, che abbia un profilo di solidità e chiarezza in relazione ad aspetti cruciali, che poi sono essenzialmente tre: primo, il perimetro delle alleanze per garantire un maggioranza stabile e non risicata; secondo, programmi che abbiano una coerenza con le emergenze nazionali e le esigenze internazionali del paese; terzo, il profilo di chi sarà indicato a guidare il governo.
È chiaro che questo approccio, frutto di un’antica e rigorosa sapienza costituzionale rappresenta, a un mese dalla chiusura delle urne, il primo bagno di realtà per gli ambiziosi runner della Terza Repubblica che, a giudicare da parole e condotta, hanno cristallizzato lo stallo con puntigli e veti… Tutti cioè rimuovono il dato di fondo, chiaro già un mese fa, che nessuno ha vinto le elezioni, perché se qualcuno avesse vinto avrebbe in Parlamento i numeri per dar vita a un governo. E dunque è necessario cimentarsi nella ricerca di accordi e soluzioni se a qualcuno sta ha cuore che nasca, più che sulla costruzione di ostacoli.
Ecco, interrogare i partiti su come intendano uscire dallo stallo per dare al paese un governo all’altezza è un approccio attivo che, finalmente, chiude una campagna elettorale mai terminata. Si sarebbe detto una volta, con formula abusata: il Quirinale inchioda le forze politiche alla loro responsabilità, sia pur in modo sobrio e felpato e senza travalicare il ruolo e i confini maturati in una lunga prassi costituzionale. Perché il capo dello Stato non è un semplice spettatore, soprattutto non può e non ha intenzione di essere solo colui che si limita a fotografare un muro contro muro con impotenza e rassegnazione. E proprio questa funzione di stimolo, quasi maieutico, per favorire che emergano nuove consapevolezze è la vera novità del primo giro di consultazioni. Perché è vero che, come si dice in gergo, “andranno a vuoto” e renderanno necessario un nuovo giro, ma comunque costringeranno tutti a una riflessione. E già questa funzione del Quirinale è un dato non irrilevante, in termini di clima e ricadute politiche. Entra cioè in campo un terzo attore, che già alla fine della due giorni di colloqui, ecco un’altra novità, potrebbe fare un punto sullo stato dell’arte, spiegando all’opinione pubblica come è andata e quali sono le ragioni dello stallo, in modo che siano chiare le responsabilità e in modo da indurre le forze politiche a una ulteriore riflessione, in vista del secondo round.
Così raccontano frequentatori ben informati del Colle. Inizia cioè, anzi è già iniziata col primo segnale, una forma di pressione soft, in attesa che qualcosa maturi e nella speranza che inizi una discussione più costruttiva. E dopo? Dopo si vedrà l’evoluzione concreta della situazione. Il che non significa temporeggiare, solo con l’obiettivo di chiudere la finestra elettorale per il voto a giugno, cosa che certamente accadrà. Ma accompagnare con verifiche e spiegazioni ogni passaggio di questa difficile crisi, anche coinvolgendo nelle riflessioni l’opinione pubblica al termine di ogni giro di consultazioni. Mattarella parlerà, nel suo stile e senza effetti speciali, ma parlerà facendo un bilancio della situazione passo dopo passo in modo che siano chiare responsabilità e criticità.
E in questo approccio c’è forse la risposta alla domanda che circola con insistenza nei Palazzi: quando interverrà in modo deciso, mettendo i partiti davanti al fatto compiuto, se permarrà questa palude, indicando un nome? Non subito, perché una scelta solitaria avrebbe anch’essa bisogno di numeri in Parlamento. Altro discorso è se venisse fatta alla fine di un percorso lungo e dopo una serie di tentativi falliti, con un paese sfibrato dall’attesa e con un’aria meno inquinata dalla polvere di questa campagna elettorale permanente. Insomma, motivata, spiegata, legata a circostanze concrete emerse in queste lunghe settimane. Prima o poi una soluzione andrà trovata.
Alessandro De Angelis (Huffington Post)
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