Milano 14 Aprile – Donald Trump ha sciolto le riserve e, a una settimana dall’attacco chimico alla città siriana di Duma, ha ordinato la rappresaglia contro il regime di Damasco, in stretto coordinamento con Londra e Parigi. Lo ha fatto in diretta tv in un drammatico discorso alla nazione, in cui ha insistito sulla necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad, definito “un mostro” che massacra il proprio popolo.
Annunciando l’attacco in Siria, Trump ha parlato di uno sforzo alleato contro “barbarie e brutalità” in una “operazione congiunta” con Regno Unito e Francia. Intanto anche ha annunciato di avere dato ordine alle forze britanniche “di condurre attacchi coordinati e mirati per ridurre il potenziale dell’armamento chimico del regime siriano e dissuaderne l’uso”.
La premier britannica ha fatto riferimento, per giustificare i raid, al presunto attacco chimico su Douma, in Siria, indicando un bilancio di “75 morti, inclusi bambini, in circostanze di puro orrore”. Ha poi accusato “il regime siriano” di avere precedenti nell’uso di “armi chimiche contro il proprio popolo nel più crudele e abominevole dei modi” ed ha parlato di “un significativo dossier di informazioni, incluso d’intelligence, che puntano il dito” su Damasco anche per “quest’ultimo attacco”. Si tratta di un comportamento che “deve essere fermato”, ha proseguito May, sostenendo di aver “tentato ogni canale diplomatico”, ma che tutti gli sforzi in questo senso sono stati mandati a monte” e denuncia in particolare “il veto dei Russi a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla costituzione di un’investigazione indipendente sull’attacco di Douma”. Detto questo, ha asserito che non resta alcuna “alternativa praticabile all’uso della forza” contro “le armi chimiche del regime siriano”.
E, come raccontano alcuni testimoni, i primi missili Tomahawk cadevano su Damasco e Homs proprio mentre il presidente americano stava ancora parlando, intorno alle 22 ora di Washington, le tre del mattino in Italia. Per ora si è trattato di una ‘one night operation’, un’operazione unica durata poco più di un’ora, nel corso della quale sono stati colpiti principalmente tre obiettivi, come ha spiegato il Pentagono: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito di stoccaggio per armi chimiche a ovest della città di Homs e un importante posto di comando situato nei pressi del secondo obiettivo.
I missili sono partiti sia da alcuni bombardieri sia da almeno una delle navi militari americane posizionate nelle acque del Mar Rosso. “Questo è un chiaro messaggio per Assad”, ha spiegato il segretario americano alla Difesa, l’ex generale James Mattis, assicurando come al momento non si registrino perdite tra le forze Usa e come sia stato compiuto ogni sforzo per evitare vittime civili. Del resto, ha sottolineato ancora il numero uno del Pentagono, si è trattato di un attacco mirato che ha avuto come obiettivo solo siti legati alla produzioni o allo stoccaggio di armi chimiche.
Fonti dell’amministrazione Trump hanno quindi assicurato che “non è finita. Quella che avete visto stanotte non è la fine della risposta degli Stati Uniti”, spiegando come il piano messo a punto dal Pentagono “prevede molta flessibilità che permette di procedere a ulteriori bombardamenti sulla base di quello che è stato colpito stanotte”. La più grande preoccupazione, si spiega inoltre, è l’accresciuta capacità della Russia rispetto allo scorso anno in termini di difese antimissili e antiaerea.
Negli Stati UNiti è però scoppiata la polemica per le modalità dell’attacco, che non hanno previsto il coinvolgimento del Congresso, al quale l’amministrazione non ha chiesto il via libera. Anche alcuni deputati repubblicani si sono uniti al coro dei democratici guidati dalla leader della minoranza alla Camera Nancy Pelosi nel criticare il presidente che avrebbe violato la costituzione. “Mentre Assad deve essere ritenuto responsabile per l’uso illegale di armi chimiche contro i civili, i bombardamenti che sono stati portati a termine senza il benestare del Congresso sono inaccettabili”, ha commentato il senatore dem Bob Casey, spiegando come la costituzione Usa non prevede che il presidente abbia l’autorità di decidere da solo un attacco militare.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in una nota ha affermato che l’Alleanza sostiene l’attacco di Usa, Gran Bretagna e Francia contro i siti di armi chimiche del regime siriano. L’azione di stanotte “ridurrà la capacità del regime di condurre ulteriori attacchi contro il popolo siriano con armi chimiche”, aggiunge Stoltenberg, ribadendo come sia “inaccettabile” l’utilizzo dei gas.
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato da parte sua un appello “alla moderazione e alla responsabilità” definendo la situazione venutasi a creare con l’attacco in Siria “molto pericolosa”. “Bisogna evitare azioni che possano provocare un’escalation e peggiorare le sofferenze della popolazione siriana”, ha affermato il leader del Palazzo di vetro chiedendo unità ai Paesi del Consiglio di sicurezza.
Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è stato costantemente informato questa notte degli sviluppi degli attacchi militari in Siria, mantenendosi in contatto con i ministri Esteri e Difesa e con i vertici militari. Nelle prossime è prevista una sua dichiarazione presso la Sala dei Galeoni di Palazzo Chigi.
La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l’annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti (oltre 100 i missili lanciati secondo il Cremlino) : “Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov. L’impressione di molti osservatori però è che gli obiettivi da colpire siano stati condivisi con Mosca, non fosse altro che per evitare incidenti e non colpire personale o postazioni russe in Siria. Intanto la prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell’operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.
Dura la reazione da parte dell’Iran. il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Ghasemi, citato da alcuni media americani, ha dichiarato che “gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno prove sull’attacco chimico in Siria e sono responsabili per le conseguenze regionali che seguiranno all’attacco deciso senza aspettare che prendessero una posizione gli ispettori dell’Opac”.
Poche ore prima il ministero della Difesa russo aveva affermato di avere la prova di un coinvolgimento diretto della Gran Bretagna nell’organizzazione della “provocazione” del presunto attacco chimico nella Ghuta. E il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov aveva dichiarato: “Abbiamo dati inconfutabili” sul fatto che l’attacco chimico di Duma, in Siria, è stato organizzato“. “I servizi speciali di un paese, che ora sta cercando di essere nelle prime file della campagna russofoba, sono stati coinvolti in questa messa in scena”, ha aggiunto il reponsabile della diplomazia del Cremlino.
Il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo francese Emmanuel Macron hanno avuto ieri una telefonata. Alla domanda se i due leader avessero discusso della situazione in Siria, ha detto: “sì, la conversazione ha toccato questo argomento”. Vladimir Putin ed Emmanuel Macron nel corso della loro telefonata hanno deciso di dare mandato ai rispettivi ministri della Difesa e degli Esteri di mantenere uno “stretto contatto” per una “de-escalation” della situazione in Siria. Lo fa sapere il Cremlino. Entrambi i leader hanno poi espresso “soddisfazione” per l’arrivo degli esperti dell’Opac a Damasco. Putin ha sottolineato che serve un’indagine “oggettiva” prima della fine della quale conviene evitare “accuse infondate” contro “chiunque”.
“Abbiamo la prova che la settimana scorsa sono state utilizzate armi chimiche in Siria da parte del regime”: ha detto ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, intervistato in diretta da TF1. E sempre ieri Angela Merkel ha escluso una partecipazione tedesca ad un intervento militare in Siria. Lo ha detto in conferenza stampa con il premier danese. (Ansa)
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