Prima di partire per una vacanza, un tizio portò il gatto dal vicino che si era dimostrato disposto a prendersi cura di lui; poi si accinse a preparare la sua valigia. Non si accorse però che nel frattempo il suo gatto era scappato dalla casa del vicino e, tornato a casa sua, si era infilato dentro la valigia nascondendosi tra gli indumenti gettati un po’ alla rinfusa. Fu così che il tizio uscì di casa trascinandosi dietro il suo bagaglio a mano e con questo anche il gatto. Quando il felino si accorse di essere rimasto imprigionato e sballottato tra gli indumenti del suo padrone, iniziò a miagolare e a graffiare contro le pareti del bagaglio; ma il miagolio disperato e i graffi contro la fodera imbottita naturalmente non si sentivano all’esterno. All’aeroporto, quando fecero passare il bagaglio attraverso il metal detector, furono le guardie a notare il piccolo scheletro che si agitava sotto i raggi x come se fosse sottoposto a radiografia, e fu una fortuna, perché ormai il povero felino era mezzo tramortito dalla paura e dalla mancanza d’aria. Naturalmente il padrone avrebbe potuto portare il gatto con sé se si fosse procurato una gabbia appropriata, e non gli avesse creato troppo disgusto l’odore dei suoi abiti impregnati dal fetido odore del gatto che se l’era fatta addosso dalla paura. Invece, quando hanno aperto la valigia per far respirare la bestiola, questa è scappata facendo perdere il volo al suo padrone.
Quando Luca terminò di raccontare la storia, di certo la maggior parte dei presenti pensò che se la fosse inventata sui due piedi.
– Indipendentemente dal fatto che un tale episodio possa essere accaduto – disse Angelo che di professione faceva il veterinario – ai felini piace infilarsi in ogni scatola o borsa lasciata incustodita: li fa sentire al sicuro, salvo poi trovarsi spesso imprigionati come il gatto della valigia. Ci è capitato di recente di doverne visitare uno che aveva trascorso parecchio tempo chiuso nel frigorifero ed era stato tirato fuori mezzo morto di freddo.
– Di certo era però ben nutrito – disse Benedetta.
– Impaurito e infreddolito com’era, – ribatté Angelo, – mangiare era l’ultima cosa alla quale avrebbe pensato.
Dal libro ‘Dea di seduzione’ di Michela Pugliese
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