Milano 21 Aprile – Tutto iniziò con quel vaffa..che era nel repertorio di un comico d’assalto, ma diventò un urlo di rabbia nelle piazze, nel dialogo politico. Vomitato indiscriminatamente contro tutti quelli che sulla pelle avevano un po’ di politica praticata, non importa che cosa avessero fatto o tentato di fare, purchè fossero ingabbiati in una categoria da disprezzare visceralmente, a prescindere. E il teatro raccolse guitti e giocolieri, a cui non veniva richiesto nessun talento, bastava sapessero gridare quel vaffa..in modo rabbioso, liberatorio, in un crescendo rossiniano che fosse esaltazione e fanatismo. Ma sotto il vaffa…niente. Idee improvvisate, contraddittorie, avulse dalla realtà: bastava spesso che si contrapponessero al buon senso, alla realtà. Insomma un progetto politico chiuso in un vaffa..che fa tanto popolare, che fa tanto istinto primordiale, che diventa isteria collettiva. Ma la pancia degli italiani risponde sì, questo è il cambiamento, soprattutto se ci sarà quella paghetta promessa e che ha la magia di due parole: reddito di cittadinanza. E il vaffa…cambia colore, da volgare diventa istituzionale, in doppiopetto grigio, con la faccia di un Di Maio che non si vergogna di rinnegare e sbugiardare se stesso, pur di rappresentare il primo attore. Ma il guitto senza arte né parte rimane e non lo salvano né i contorsionismi linguistici, né i sorrisi fintamente concilianti. Perché dopo tanti vaffa..l’odio, il giustizialismo a priori, la dietrologia viscida, l’oscurantismo intellettuale sono penetrati nel Dna di un movimento che ha come perimetro di azione il vaffa..
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Verissimo .
Aggiungo …e che ha il terrore di dover governare