Milano 26 Aprile – Quale pedone o automobilista non resta interdetto per le libertà quasi incondizionate che ormai si attribuiscono i ciclisti metropolitani? A tal proposito riportiamo la lettera al Corriere dell’avv prof Ennio Amodio .
“I nostri ciclisti metropolitani sono come le vacche sacre della tradizione religiosa indiana. O almeno credono di esserlo. Nella città sulla riva del Gange il divino animale adagia la sua ieratica massa nel mezzo di una strada e il flusso del traffico gli gira attorno per non turbarlo. Certo, da noi non si pratica il culto di animali e cose. Eppure chi attraversa la città in sella ad un velocipede è convinto che la sua bici debba godere di una venerazione riconoscente. L’uso di un mezzo silenzioso e non inquinante induce il pedalatore a rivendicare una licenza di circolare a ruota libera. È un’esperienza di tutti i giorni, almeno nelle grandi città come Milano. State procedendo in auto in una via piuttosto stretta e a senso unico. All’improvviso sbuca da una curva, contromano, un ciclista con auricolare. Pedala lentamente senza badare alla rotta, essendo impegnato ad esplorare le icone del suo smartphone. Inutile fargli arrivare un colpo di clacson. La reazione è dapprima uguale allo zero; poi manifestamente stizzita, come se l’automobilista avesse osato profanare la liturgia di una pedalata nel bosco. L’epilogo è scontato. L’auto è costretta a fermarsi e ad aprire un comodo corridoio per consentire al santo navigatore di proseguire il suo percorso contromano.
C’è poi un altro scenario non meno ricorrente. State camminando sul marciapiede assorti nella rassegna del lavoro da completare in giornata. Ed ecco sfrecciare sul vostro fianco una bicicletta con baby seggiolino, impugnata da una giovane donna. Guai a lasciarsi sfuggire una imprecazione. Come si fa parlar male di una mamma costretta a fiondarsi all’uscita del suo bimbo dalla scuola materna? È dunque proprio vero: holy cow, sacra mucca del Gange; holy bike, santa bici dei Navigli. Due idoli partoriti da società diverse, ma affini per il valore riconosciuto al mito che li sottende. Riuscirà il trillo di un ghisa a scrollare l’aureola dalla testa dei santi pedalatori?
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Ennio Amodio
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