Milano 17 Maggio – Non se ne parla, non si vorrebbe ammettere ma, dopo lo straordinario successo del Salone del Libro di Torino, il flop della prima edizione e della seconda di Tempo di libri di Milano, è evidente. Torino e la sua consolidata tradizione, il sostegno pubblico, la capacità di attrazione hanno determinato la piena riuscita della manifestazione. A Milano l’enfatizzazione di una produzione elitaria di sinistra, l’assenza praticamente del Comune, hanno creato un interesse limitato. Scrive Cristina Taglletti su Il Corriere di Torino “Torino ha vinto, Milano ha perso: è la narrazione che sembra prevalere alla fine delle cinque giornate del Salone e che va al di là dell’indubbio, straordinario successo della manifestazione torinese. II direttore Nicola Lagioia alla conclusione ha detto chiaramente che Torino per vivere e prosperare non ha bisogno di un Nemico, ma era evidente chi fosse il principale destinatario di molte dichiarazioni, a cominciare da «La fiera di Milano è stata un errore» del presidente Massimo Bray nel giorno dell’inaugurazione. Posizioni che ad alcuni sono parse ingenerose, soprattutto verso il presidente dell’Aie, Ricardo Franco Levi, che, fin dal suo insediamento, ha fatto da pontiere spendendosi personalmente per fare sì che i grandi editori tornassero al Lingotto. II successo di Torino certamente impone a chi più ha voluto Tempo di Libri e all’Aie una riflessione seria sulla sostenibilità e sull’opportunità di due fiere, riflessione che comincerà già da domani quando si riunirà il consiglio generale dell’associazione, ma quello che a Milano si vuole evitare ad ogni costo è la contrapposizione agonistica «Credo che il derby non faccia bene a nessuno — sintetizza l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Dario Del Corno —. A Torino ci sono componenti di legittima soddisfazione per il grande successo e anche per essere riusciti a reimpostare in maniera positiva e virtuosa la manifestazione, ma riproporre la rivalità mi sembra poco produttivo».
Del Corno continua a credere nella possibile pacifica convivenza tra fiera e Salone: «Credo che rispondano ad esigenze diverse. Milano si rivolge ai lettori deboli e con il Mirc, la parte dedicata allo scambio dei diritti, è una piattaforma internazionale di rapporti tra editori e agenti. Torino è una grande festa del libro, con una lunga tradizione, un pubblico di lettori forti, un grande momento di riflessione sul fare letteratura. Possono essere complementari più che rivali…E poi bisogna riflettere sulle governance: pubblica quella di Torino, privata quella di Milano. Quale è il futuro e la sostenibilità del Salone, considerate le possibilità delle risorse pubbliche?»
Una domanda che conferma l’indifferenza dell’amministrazione milanese che, comunque, quando il privato ha un’eco positivo, si attribuisce il merito.