Franco D’Alfonso lascia la Città Metropolitana.
Pubblichiamo la sua lettera di dimissioni
Con gli stessi tempi utilizzati dall’asso del basket Usa Kobe Bryant per annunciare e rendere operativo il suo ritiro dai campi di gioco (una intera stagione, con passaggi e festeggiamenti in tutti i palazzi dello sport d’America…) , dopo quasi un anno dall’annuncio sono diventate operative le mie dimissioni da consigliere metropolitano della Città di Milano.
Naturalmente i tempi impiegati sono stati funzione di esigenze dell’Ente Città metropolitana, stretto fra scadenze di bilancio e campagne elettorali varie e non certo per qualche particolare “utilità” personale: come ormai sanno perfino i marziani molto terrestri del Movimento 5stelle, in Città Metropolitana, grazie ad una delle tante, troppe leggi varate dal governo Renzi strizzando l’occhio all’antipolitica ed alla retorica della “lotta alla casta”, non solo consiglieri ed assessori metropolitani non sono retribuiti, ma l’imposizione di demagogiche e demenziali procedure e limiti “per legge” hanno trasformato queste cariche nel primo caso di “poltrona a pagamento” del sistema politico italiano.
Sì, perchè non solo non vi è alcuna retribuzione o indennità (il che, se può avere un senso per i membri dell’assemblea di secondo grado, non ne ha veramente nessuno per i consiglieri delegati che dovrebbero essere impegnati quasi a tempo pieno per una istituzione con oltre 1000 dipendenti, 1 miliardo di patrimonio, 700 milioni di spese correnti da gestire ed invece sono dei dopolavoristi, nella migliore delle ipotesi ); ma per soprammercato e beffa finale, per effetto dei limiti di cui sopra, costringe i consiglieri più impegnati, come ero io al Bilancio e patrimonio, a rimetterci come mancato rimborso qualche centinaio di euro al mese senza battere ciglio.
L’esibizione come un trofeo del “taglio dei costi della politica” nelle Province e Città Metropolitane senza nemmeno uno straccio di revisione organica di competenze, funzioni etc ha avuto l’inevitabile effetto di disincentivare l’impegno di chiunque non fosse, sempre nella migliore delle ipotesi, un “rentier” di suo in grado di dedicarsi al servizio pubblico ma, soprattutto, ha lanciato un chiaro messaggio preventivo a tutto il mondo politico ed istituzionale, prontamente raccolto : “quelli di Città Metropolitana” non contano nulla, politica e decisioni si prendono da altre parti.
Il declino prima della nascita era effettivamente una esperienza che mi mancava, fino ad ora, ma tali sono stati questi mesi passati in Città Metropolitana.
A fronte di un grande fermento di idee, di una notevole professionalità dei dipendenti della Città, di una consapevolezza del proprio ruolo e di buona capacità politica di tutti gli esponenti della politica, tanto di maggioranza quanto di minoranza, mi sono trovato come tutti immerso in un clima di sfiducia generalizzato a dover contrastare i tentativi di spoliazione ed affossamento di quella che fu la gloriosa Provincia di Milano, tentativi messi in atto da chiunque venisse a contatto con l’ente Città Metropolitana.
In questo bel clima, siamo riusciti a varare un bilancio, quello dell’anno 2016, in tre mesi in condizioni che definire impossibili è dire poco, varo che ha reso possibile la formulazione di un piano strategico adottato dall’Ente, la definizione di ipotesi di riassetto e di disciplina di bilancio che avrebbero portato a risanare un debito ereditato di 600 milioni di euro in buona parte costituito da derivati di pessima qualità ed una ipotesi politica, condivisa all’unanimità, per dare senso e ruolo al lavoro dei tanti che si sono cimentati con entusiasmo in questa avventura.
Ci siamo scontrati con il governo più centralista della storia della Repubblica, che pretendeva di calare decisioni prese senza nemmeno documentarsi in (alcune) stanze di Palazzo Chigi, negando il giorno dopo quello che faticosamente si era riusciti a concordare il giorno prima, imponendo norme di una assurdità totale che hanno portato la Città Metropolitana di Milano ad avere una cassa (teorica: come sapete, il governo Monti ha centralizzato per due anni ed il governo Letta e poi Renzi hanno reso definitiva, la tesoreria locale, riportando le lancette dell’orologio delle autonomie agli anni Ottanta, prima del decreto Stammati) di oltre 300 milioni di euro ma di non potere nemmeno effettuare la manutenzione alle caldaie degli edifici scolastici.
Questa situazione paradossale può essere risolta, a mio avviso, solo attraverso una forte azione politica solidale di tutta la classe dirigente milanese e lombarda, sia essa di maggioranza come di minoranza, della Regione, del Comune di Milano e dei comuni tutti della città Metropolitana. Non si tratta di chiedere “più soldi”, come demagogicamente si è fatto credere in passato : quello che serve è una forte autonomia politica e gestionale all’interno dei vincoli ed equilibri di bilancio .
Per quale motivo non possiamo decidere dove e come allocare le risorse, una volta che assicuriamo gli equilibri di bilancio e dobbiamo sottostare a cervellotici limiti che ci impediscono di assumere, per esempio, un geometra che ci farebbe incassare da subito cinque volte il proprio costo? E perchè non possiamo avere i poteri per procedere ad un riordino delle funzioni, ad una eliminazione dei doppi passaggi, ad una semplificazione delle procedure, che ci permetterebbe senza grande sforzo di recuperare ed utilizzare per funzioni non svolte almeno 70 milioni di euro all’anno per cinque anni sugli oltre 6 miliardi di spesa corrente consolidata di tutti i Comuni dell’area?
Per fare questo e tanto altro che i vituperati dipendenti pubblici della Città Metropolitana ed i denigrati “politici” con loro saprebbero e vorrebbero fare da molto tempo è necessaria una volontà politica e non (solo) un attivismo amministrativo. Dobbiamo dare vita ad un grande patto ambrosiano per l’autonomia, che parta magari proprio dal negoziato ex art 117 che la Regione Lombardia ha avviato con il governo, che tolga Milano e la Lombardia da dinamiche nazionali che ci sono sempre più estranee e presto saranno anche più ostili.
Il giovane sindaco di Bollate, Francesco Vassallo, è già molto esperto ed è perfettamente in grado di assicurare, con il supporto di una valida struttura, la sopravvivenza ordinaria nei vincoli di bilancio attuali, mentre Roberto Masiero, consigliere comunale di Corsico, subentrandomi in Consiglio metropolitano assicurerà un rapporto diretto con l’importante zona del Sud-Ovest Milano, fino ad ora un po’ poco coinvolta nelle attività di un Ente che già nella veste di Provincia è stato essenziale per lo sviluppo di questi Comuni.
Il mio impegno per la Città Metropolitana continuerà, sul piano politico, più forte e spero più utile di prima.
Franco D’Alfonso
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