Milano 2 Marzo – Riferisce Avvenire: “Le persone affette da una malattia rara «non possono essere malati di serie B, occorre invece riconoscere a loro e alle loro famiglie un sostegno sanitario e umano doppio». L’ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in occasione della Giornata mondiale delle malattie rare (28 febbraio). Nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) appena varati dal Ministero «sono state riconosciute 110 nuove patologie e attivato il processo di aggiornamento continuo che permetterà di rivedere la lista man mano che emergono nuove patologie dimenticate».
Si stima che siano 2 milioni le persone affette da una malattia rara, per il 70% bambini, con 19mila nuovi casi segnalati ogni anno dalle oltre 200 strutture diffuse in tutta Italia. Nel nostro Paese si parla di 20 casi di patologie rare ogni 10mila abitanti, ma «oggi il 50% dei malati rari non ha ancora una diagnosi esatta ed è quindi priva di una consulenza genetica mirata», come denuncia Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino GesùdiRoma”
E’ difficile e straziante assistere un proprio caro affetto da una malattia rara. Voglio ricordare la mia esperienza personale per evidenziare il dramma di chi sa che non può sperare
Ad Aldo il cuore aveva inghiottito la voce, le mani, i gesti rincorrevano spasmodicamente farfalle invisibili, il corpo, senza volontà, esprimeva solo dolore, gli occhi assenti, sporchi di fango, guardavano lontano un orizzonte a me sconosciuto. Quattro mesi, per diagnosticare con difficoltà una malattia devastante, senza terapie conosciute, rarissima, la Creutzfeld Jacob sporadica. Quattro mesi di affanno, di incertezza, di false speranze, di estenuanti attese per sapere che di Creutzfeld Jacob si può solo morire. Cinque neurologi consultati, due cardiologi, un diabetologo, due fisiatri, un geriatra, un oculista, un ortottista, tre risonanze magnetiche esami vari di routine, prima di approdare al centro Besta ed avere la diagnosi di una malattia irreversibile e incurabile. Perché la malattia aveva una progressione vertiginosa non identificabile con la demenza senile o con l’Alzheimer, anche se i sintomi apparenti erano gli stessi e i responsi dei medici rispecchiavano le tappe dell’evoluzione proponendo terapie inconcludenti e inutili. In Italia 1.000 casi in dieci anni. Troppo pochi perché la ricerca possa impegnarsi seriamente per trovare una soluzione. Troppi soldi da impiegare, alle case farmaceutiche non conviene.
Perché? La vita umana, ogni vita umana, deve creare un profitto, per essere considerata preziosa? Non è di per sé incommensurabilmente preziosa?
Aldo, aveva un viso di immediata lettura, un sorriso limpido e onesto, uno sguardo tutto riflessi e luce, partecipe, tenero e vulnerabile per una sensibilità scoperta e buona. Amava la musica, suonava il contrabbasso da professionista, era leale nell’amicizia, generoso e ironico, campione di bocce, rigoroso e attento nel lavoro, dolce e premuroso in famiglia.
L’ho visto spegnersi senza la possibilità di comunicare e di capire quanto soffrisse, quanto fosse presente. Raramente un lampo del cuore negli occhi: “Che succede? Perché piangi? Dove siamo? Sto morendo?” Ogni volta un graffio alla mia anima che non sapeva rispondere. Raramente mi accarezzava la mano e sorrideva, quasi un invito a passeggiare nei ricordi, ad ascoltare ancora una volta il mare, insieme.
Mi ha regalato una lacrima d’amore prima di morire con un sospiro lieve.
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Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano