Milano 20 Giugno – Di che cosa può morire un clochard? Hanno trovato un clochard su una panchina privo di sensi. Accartocciato su stesso, senza un lamento, nello spazio ormai dei privilegiati che vanno in Paradiso, uno dei tanti invisibili che il prossimo raramente vede, un uomo che diventa numero nelle statistiche, un nulla per l’amministrazione attuale.
Aveva 58 anni. Non si conosce il tempo dell’agonia, lo strazio di sentirsi morire, in una Milano diventata deserto e abbandono. Dicono frequentasse spesso via Cenisio e là era tornato, su quella panchina, forse per fare un bilancio e rivedere affetti e sconfitte, nella solitudine muta di carezze.
Di che cosa muore un clochard? I medici della clinica Sant’Ambrogio dove è stato ricoverato, parlano di un malore. Nessun segno di violenza, riscontrato. Nessun segno evidente, perché la violenza del disinteresse, dell’assenza delle istituzioni, dell’ingiustizia sociale non è riscontrabile come male fisico, ma attiene alla sfera dei sentimenti.
Di che cosa può morire un clochard? Forse di abbandono e di fame d’amore.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Spero che quest’uomo italiano abbia raggiunto la pace che merita.
IL problema dell’indifferenza verso le persone povere oggi è ad un livello indecente, fondamentalmente gli italiani si interessano solo del proprio orticello, ma quello che spaventa ancora di più è la mancanza di interesse delle istituzioni verso i poveri italiani. Il comune di Milano è ottimo testimonial di mancate assistenze sia morali che materiali verso i nostri connazionali. Per Sala e compagni il Vangelo va applicato solo gli extracomunitari.