Pino Farinotti, critico cinematografico e firma di «Libero», ha ideato e realizzato una docu-fiction dal titolo «Giants in Milan». La prima giovedì alle 19 allo Spazio Oberdan
Un nuovo capitolo della serie Giants in Milan ideata e realizzata da Pino Farinotti, con la regia di 1 iziano Sossi per scoprire le tante eccellenze storiche e culturali del capoluogo lombardo. E lo stesso Farinotti, critico cinematografico, giornalista, scrittore e autore dell’omonimo «Dizionario di tutti i film», a raccontare e a spiegare il significato di questa iniziativa ornai giunta al nono capitolo: «Questo è il volume dei libri. Parliamo di autori, titoli, editori. A Milano sono nate quasi tutte le grandi case editrici». Fra i testimoni del racconto, patrocinato oltreché dal Comune, dalle Biblioteche civiche, dal Mic (Museo interattivo del cinema), quest’anno anche dalla Regione. Tra i testimoni del racconto Francesco Alberoni, Angelo Stella presidente del Centro Studi Manzoniani, l’accademico Giulio Sapelli, Andrea Camilleri e Papa Bergoglio che parla dei fidanzati Renzo e Lucia. Partecipano anche Marco Eugenio Di Giandomenico, economista della cultura, e Ivan Rizzi, docente dell’Istituto di Alti Studi Strategici e Politici.
Il lavoro di Farinotti è un atto d’amore verso una città che lui ha sempre amato da cui è stato adottato, fisicamente e artisticamente. Un lungo omaggio iniziato nel 2014 e realizzato con una serie di docuflm che ricostruiscono la storia della capitale morale del Belpaese. Nei precedenti lavori l’obiettivo era puntato sui grandi milanesi, veri o acquisiti: da Costantino a Leonardo, Napoleone, Hemingway e poi Manzoni, Verdi, fino a Montanelli, Ponti e Mattei. Ma anche alle grandi «eccellenze» milanesi dal Duomo, alla Scala, allo Sforzesco, alla moda, al Piccolo Teatro e all’arte milanese in generale.
In questo nono capitolo, come detto, il racconto riguarda alcuni giganti, milanesi o di adozione, che hanno firmato opere fondamentali, nello scenario di quella città che, fra il settecento e l’ottocento, dettava cultura all’Europa. Ecco dunque Manzoni, suo nonno Cesare Beccaria, il cui testo, Dei delitti e delle pene, cambiò la giurisprudenza del mondo. E poi Carlo Porta, col suo dialetto abrasivo contro l’ignoranza del tempo. Stendhal, che scrisse il suo epitaffio «Arrigo Beyle, milanese». E Hemingway, dopo esser stato ferito sul Piave durante il primo conflitto mondiale, della città diceva: «Senza Milano non sarei stato l’uomo e lo scrittore che sono». Suggestivo l’incontro immaginario che l’autore di Giants in Milan ha proprio con lo scrittore americano. Una passione, per le tematiche e gli argomenti cari all’autore di Addio alle armi, che Farinotti non nasconde e che esplicita chiaramente in questa sorta di faccia a faccia onirico. E così è molto suggestivo il racconto del corteggiamento che Einaudi e Mondadori fecero a Hemingway, in particolare – ricorda Farinotti nella sua intervista immaginaria – l’episodio avvenuto nel 1948, quando Amoldo Mondadori invitò lo scrittore e la quarta moglie Mary Welsh nella villa di famiglia a Meina (sul lago Maggiore), con lo scopo di convincerlo a cedergli i diritti di tutte le sue opere.
Il finale poi è uno scoop che regala una versione inedita di una grande intellettuale meneghina Alda Merini, ripresa a casa Farinotti in un breve filmato del 1994, quando la poetessa non era ancora così conosciuta e il suo nome non era ancora apparso, di anno in anno, fra i papabili del premio Nobel. Un video amatoriale, girato dallo stesso autore di Giants in Milan, in cui appare anche la moglie di Farinotti che presenta la grande poetessa alle prese con il pianoforte. Pochi minuti in cui la letterata delizia suonando arie musicali con delicatezza e impegno. L’appuntamento, per la prima del documentario, è per giovedì alle 19 in viale Vittorio Veneto 2 (Spazio Oberdan). Pino Farinotti in un frame del documentario
Giampiero De Chiara (Libero)
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