La Procura di Milano e quei dubbi sull’utilità di Cantone

Milano

“In attuazione del Protocollo di intesa del 5 aprile 2016 – si legge nel Bilancio di Responsabilità Sociale della procura[…]- l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha trasmesso negli anni numerosi illeciti da cui si potevano desumere fatti di corruzione.

Tuttavia, il ritardo con cui le notizie sono state trasmesse e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi (acquisizione di documentazione presso gli enti coinvolti) hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati”.

Così Repubblica riporta le perplessità della Procura di Milano. All’ANAC non devono averla presa benissimo. Tanto che a stretto giro di posta risponde Francesco Greco il Procuratore Capo di Milano:

“Credo che l’Anac sia importante, e che il lavoro di Cantone sia encomiabile. Abbiamo solo indicato un problema tecnico sulla necessità di poter utilizzare quello che loro ci mandano in maniera più tempestiva. Non c’era alcuna intenzione polemica”, precisa Greco, che aggiunge: “I rapporti tra l’Anac e la Procura di Milano sono sempre stati ottimi”.

L’ANAC, secondo quanto ricostruito dal giornale di Largo Fochetti, avrebbe mostrato grande irritazione, sostenendo di aver solo rispettato le procedure. Vale, però, la pena di ricordare che non vi sia alcuna contraddizione nel discorso: Milano non accusa l’Autorità di non aver rispettato le regole. Accusa, in realtà, le regole di essere inutili e dannose. Qualità che, di rimbalzo, travolgono chi le applica. Quindi? Quindi il velo di ipocrisia che avvolgeva il quinto grado di giudizio sul tema corruzione si sta lentamente sollevando.

Gli inquirenti hanno un problema: una volta eseguite le indagini (prive di valore processuale), da parte di Cantone e compagni, i soggetti coinvolti hanno tutto il tempo di tutelarsi. C’è, quindi, un supplemento inquisitorio inutile da cui gli innocenti non possono efficacemente proteggersi. Alla fine del quale, però, i colpevoli possono darsi alla macchia. La collettività paga due volte per non ottenere nulla.

Anzi, siamo precisi: paga tre volte. Perché c’è sempre da fattorizzare il tempo degli uffici pubblici che devono bloccare ogni cosa per giustificarsi con un ente che, lo ricordiamo, serve solo a buttare sabbia negli ingranaggi. Sperando di prevenire infortuni. E magari riuscendoci, non si può escludere. Ma di certo contribuendo a rallentare una macchina ormai praticamente ferma.

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