Milano 23 Febbraio – Il messaggio e il coraggio di rappresentare una pagina americana di ingiusta e ottusa violenza prevalgono sulla cifra stilistica di una narrazione attenta alla verità storica, lineare, quasi esterna allo sviluppo dei fatti. La regista sceglie un tipo di racconto convenzionale, per attraversare la lotta per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti, soffermandosi soprattutto sulle vicissitudini di Martin Luther King, un eroe, un esempio, un indiscutibile condottiero, con le sue ombre e le sue luci, capace di dialogare con il potere, ma sempre e pervicacemente fermo nella rivendicazione di ciò che è giusto, costi quel che costi, ma anche dotato di saggia riflessione se l’opportunità esige di evitare la violenza irrazionale dei bianchi. E’ l’impianto narrativo che fa emergere i rapporti a volte competitivi, i dubbi comportamentali, gli affetti privati che dominano i protagonisti del film. E i discorsi di King, presenti in tutto il racconto cinematografico, sono luce, speranza, forza.
Siamo nel 1965 e il diritto di voto dei neri è duramente contestato, specialmente negli stati del Sud come l’Alabama, perchè i funzionari pubblici sono tutti bianchi e razzisti. Martin Luther King (David Oyelowo) decide di indire una marcia di protesta che attraversando la città di Selma possa arrivare a Montgomery, capitale dell’ Alabama. Lo scopo è di imporre una volta per tutte la piena uguaglianza fra bianchi e neri, nonostante il parere contrario dell’allora presidente Lyndon Johnson (Tom Wilkinson) e del Governatore George Wallace. Il percorso sarà difficile, contrastato anche all’interno del movimento, ma i diritti auspicati verranno finalmente riconosciuti
Sullo sfondo, ma protagoniste emozionali del film, le scene aberranti dei pestaggi, delle frustate, delle feroci violenze dei bianchi sulla popolazione nera che non reagisce, subendo l’estremo oltraggio alla propria dignità. Il verismo dà il senso dell’odio irrazionale, dell’abbrutimento a cui l’uomo può accedere se accecato dal pregiudizio. Scene che sono un grido d’accusa e un monito per una società che anche oggi deve saper rispettare i diritti di tutti, nel nome della dignità umana. Perché l’America, forse, qualche riflessione dovrebbe farla, anche nel 2015, dopo 50 anni dagli episodi narrati nel film.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano