Proponiamo un’analisi puntuale, equilibrata di Valentina Ballabio tratta dalla rivista specializzata Arcipelago.
“Per area metropolitana l’economista intende un’area più estesa e meno densa di quella centrale”: è il concetto base su cui Marco Ponti fonda il suo lucido, ma non per questo inemendabile, ragionamento (n. 23 del 20 giugno), teso a sostenere la difficoltà ed onerosità di estendere il trasporto pubblico nelle fasce periurbane esterne.
L’analisi parte da un dato di fatto incontrovertibile ovvero l’espansione a macchia d’olio di insediamenti residenziali, produttivi e terziari su pressoché tutta l’area centrale della Lombardia, certamente con una densità minore rispetto al capoluogo, ma tuttavia con una casualità ed irrazionalità maggiore, dovuta alla frammentazione del governo del territorio affidato a centinaia di comuni non coordinati e spesso in concorrenza tra loro.
L’abbandono della cultura della pianificazione intercomunale (con la trasformazione del PIM da strumento politico-istituzionale a centro-studi tecnico) in favore dell’ideologia dei “padroni in casa propria” ha prodotto, nell’ultimo trentennio, il cosiddetto sprawl ovvero il disordine sparso difficilmente governabile anche sotto il profilo della mobilità sostenibile. Infatti, come nota Ponti “al diminuire della densità aumenta l’uso del mezzo privato”.
Pertanto se residenze, luoghi di lavoro e servizi sono sparpagliati su un’area estesa almeno dieci volte la città centrale e comprendente una popolazione più che doppia, risulta oneroso e sterile cercare di collegarli col mezzo pubblico, come è facile osservare (escluso il trasporto scolastico) nel melanconico transito di autobus locali, nei e tra i piccoli centri, quasi vuoti e con orari e tariffazioni sconosciute ai più. Tanto un’auto a testa, per quanto costosa e tassata (esclusi i minori e svantaggiati assoluti) non la nega nessuno,
Questa situazione non è in alcun modo correggibile? Bisogna solo sperare che l’innovazione tecnologica risolva spontaneamente i relativi problemi di inquinamento e congestione, che per altro non esentano – col pendolarismo e la “mobilità dell’aria” – la città centrale? Forse una parziale mitigazione, se non risoluzione, degli stessi sarebbe possibile adottando una forma intermodale, nel suo piccolo sperimentata col modello “piedibus”!
Come è noto alcune amministrazioni comunali virtuose, al fine di evitare o ridurre la ressa di automobili accompagnatrici all’ingresso delle scuole primarie, organizzano presso determinate piazze o luoghi protetti punti di raccolta segnalati da cui, magari lungo “rotaie” colorate sui marciapiedi, genitori o nonni volontari a turno, muniti di paletta e giubba catarifrangente, accompagnano la piccola colonna appiedata oltre gli incroci pericolosi e gli attraversamenti a rischio.
Ora sulla nostra scala si tratterebbe di programmare, incentivare e finanziare (non a carico dei comuni interessati) simili “parcheggi di corrispondenza” presso le linee su ferro, magari prevedendo nuove stazioni dedicate laddove non sono disponibili spazi presso quelle esistenti. Non è una novità ma una vecchia idea affacciata a suo tempo da un assessore ai trasporti di Milano, Giorgio Goggi, purtroppo accantonata, se non ricordo male insieme al suo autore, come solitamente accade per idee valide ma in controtendenza rispetto allo spirito ed alla prassi dei tempi.
Perché accantonata? Ancora una volta per la resistenza dei sindaci rinchiusi nei rispettivi orticelli che, qualora usufruttuari di una stazione ferroviaria sul proprio territorio, si accaniscono con divieti di sosta e multe contro i pendolari provenienti dai comuni vicini, privi della stessa opportunità e dunque costretti a malincuore a tuffarsi nelle tangenziali e nelle arterie intasate verso la sede delle ordinarie necessità di lavoro, studio e vita.
Sarebbe possibile ripensare questa alternativa? A due condizioni. Una: pretendere maggior efficienza dal sistema ferroviario regionale in termini di puntualità, affollamento, pulizia, sicurezza anche a fronte di tariffe adeguate, comunque inferiori al costo di carburante e assimilabili per l’uso prolungato del mezzo privato.
La seconda: fare sul serio circa la riforma del governo metropolitano superando la legge Delrio, manifestamente fallita, e conferendo poteri e risorse effettive in tema di territorio, mobilità ed ambiente ad una nuova istituzione dimensionalmente adeguata, democraticamente eletta dai cittadini e autorevolmente riconosciuta dai comuni.
Valentino Ballabio
PS: Come esempio di mancato parcheggio di interscambio si può citare il caso dell’ex area Falck di Arcore, adiacente alla linea ferroviaria Milano-Lecco-Bergamo. Prima aeroporto militare poi acciaieria, dismessa negli anni ’90, in posizione strategica rispetto anche alla prevista pedegronda, ideale come alternativa alla vecchia stazione in centro paese, oberata dal traffico proveniente dalla Brianza orientale, sia di auto in vana ricerca di sosta che di accompagnatori andata e ritorno.
La relativa proposta, formalizzata come osservazione al PGT nel 2006, venne tuttavia bocciata e la maggioranza PD-Verdi (!) decise una diversa destinazione d’uso che si sta ora realizzando, ad opera della Immobiliare affermata nella zona, mediante torri da 109.000 mc. di edilizia residenziale.
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