Strano incrocio di colori, di suoni, di vite recitate e vissute è diventato il Centro di Milano. Ricercatissimo dal cinema che ambienta sotto la Madonnina film, documentari e video musicali, pagando una tassa al Comune, è anche la meta preferita di clochard, migranti, disabili che sopravvivono con l’accattonaggio. Le luci sfavillanti dei film panettoni e la miseria umana dei tanti che hanno fame.
Il sindaco indubbiamente è molto fiero che le immagini della sua Milano “progressista” facciano da spot per il turismo, perché dell’altra Milano non sembra proprio accorgersi. E non si sa con quali accorgimenti anche le riprese cinematografiche riescano ad eliminare il vulnus di una povertà galoppante, che non ha colore, né età, perché è lo squadernare senza pudore un’indigenza diffusa senza soluzioni. Un reportage de Il Giorno rende con scrittura impeccabile un viaggio da porta Venezia a Cordusio, la miseria di un’umanità disperata, accartocciata su se stessa, delusa, rassegnata. Un povero ogni trenta metri, ognuno con la sua storia, a volte con la sua furbizia, spesso, se migranti, con la protervia di chi esige un diritto.
Un’odissea camminare in Centro, la conoscenza, qualora qualcuno non lo sapesse, che i poveri sono triplicati, che i giovani disoccupati possono diventare barboni, che i migranti possono diventare violenti e spesso sono in gruppo e si capiscono con un’occhiata. E la sporcizia, il degrado arricchiscono l’ingresso dei metro, la sicurezza diventa un optional, il decoro un concetto astratto. Il Comune incassa le tasse dei cinematografari e non prova alcuna vergogna per non saper far fronte al disagio dei tanti che soffrono.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano