La Valle de los Caídos, vicino a Madrid, è il sepolcrario, sormontato da una croce alta 152 metri, dedicato ai caduti della Guerra civile spagnola. Qui riposano, da 43 anni anche i resti di Francisco Franco y Bahamonde, il Caudillo del Tercio, dittatore per 3 decadi ed un lustro di Spagna. Resti, onorati anche dopo la morte, grazie al conferimento nel ’53, del più prestigioso ordine equestre pontificio, l’Ordine supremo del Cristo (o Milizia di Nostro Signore Gesù Cristo), che accomunava il Generalissimo ai presidenti Adenauer ed Einaudi, che lì dovevano rimanere proseguendo l’assenza della drole ideologica che tanti guai ha invece riservato ai cugini italiani, immersi per sempre in una perenne divisione civile. Fino a quest’anno quando i resti di Franco dovrebbero essere rimossi, con buona pace dell’anima di Nenuca, la già defunta duchessa figlia María del Carmen Ramona Felipa María de la Cruz Franco Polo, marchesa di Villaverde, signora di Meirás e Granda de España. Forse gli altri duchi di Franco, sette nipoti e nove bisnipoti, eredi dell’ex moglie del nipote di re Alfonso XIII, Carmen Polo, signora di Meirás, dalla nipote Carmen Martínez-Bordiú a Francis, marchese di Villaverde ed a Jaime, faranno causa. Perché gli spagnoli non hanno proseguito lo scontro feroce tra fascisti ed antifascisti per 70 anni? Tanto più che l’attuale Partito Popolare di centrodestra è figlio diretto dell’Alianza Popular, fondata all’alba democratica, dall’ex ministro franchista Manuel Fraga Iribarne, che per la Chiesa spagnola il caudillo sia rimasto Uomo della Provvidenza e che dal suo alveo si sia sviluppata in tutto il mondo la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, fondata nel ’28 da San José Escrivá Albás, i cui diverbi con la Falange tanto assomigliavano a quelli dell’Azione cattolica con l’Opera Balilla. Così sono sopravvissuti indenni richiami, nomi delle calles, monumenti, aspetti culturali e militari di quel passato dal Tercio, la Legione spagnola, alle processioni del Cristo della Buena Muerte. Certo, Franco finì alleato degli Usa pur non entrando nella Nato e non subì alcuna Norimberga, sollecitata a lungo non in patria ma da attivisti argentini fino al fallito tentativo condotto nel 2007 dal partito socialista spagnolo PSOE di promuovere una Legge della Memoria Storica. I motivi però sono più saggi e profondi. In realtà quattro anni di guerra civile furono istinti bestiali della ferocia più che sangue (morì poco più dell’1% di una popolazione di 24,5 milioni), e stomacarono gli spagnoli per tutti gli aspetti. Fecero ribrezzo gli stupri dei marocchini e dei repubblicani, le purghe dei comunisti e dei falangisti, l’idiozia dei bigotti e dei massoni ed anticlericali. Gli spagnoli capirono che in nome di Orwell, Hemingway e Togliatti, che li consideravano inefficienti e irritanti, erano divenuti colonia ideologica, loro che erano stati conquistadores, potenza coloniale europea ed extraeuropea. Capirono che ne andava di mezzo l’unità del paese, tra Madrid falangista e Barcelona obrera. La scelta di Franco di lasciare il paese non ai suoi eredi ma alla monarchia, estranea alla guerra civile permise di chiudere con un passato terribile, dove tutte le fazioni erano colpevoli. Ora il nuovo governo spagnolo socialista di Pedro Sanchez, minoritario nel paese, forte solo di un quarto dei seggi si appresta a disseppellire le ossa di un dittatore, quasi ripetendo l’assurda riesumazione subita dalle ossa di papa Formoso nell’897 d.c. nel cosiddetto “Sinodo del cadavere”. Allora, mossa dall’odio verso il papa traditore, la corte di papa Stefano VI processò il passato. Perché oggi la Spagna vuole tornare a giudicare? Le ragioni della costituzione della Nato e dell’Europa democratica erano le medesime di Franco, vale a dire il roll back contro la Rusia comunista. E l’idea della vittoria repubblicana, in quella guerra civile, cioè una Cuba staliniana alle porte d’Ercole, aveva fatto rabbrividire spagnoli ed europei sia per l’ipotetica evoluzione della guerra mondiale sia per la morsa rossa che si sarebbe prodotta nel dopoguerra. A malincuore i democratici fra se e sé, pur con il ribrezzo di Roosevelt, ammettevano che la vittoria di Franco era stata una fortuna proprio per la libertà del continente. Ora però è successo qualcosa di diverso. I valori dell’Europa democratica, merito, trasparenza, libertà, concorrenza, hanno spinto l’ex Cataluna rossa a chiedere uno Spainexit, basato sulla volontà della maggioranza popolare. L’Europa, in imbarazzo tra la difesa degli stati nazionali e la logica dello status transnazionale unitario, ha dovuto ammettere che i primi sono reali ed il secondo è una finzione basata sull’equilibrio dei trattati. Non ha difeso la Cataluna tradendo il suo spirito e la sua retorica, spingendosi quasi a dichiarare l’irredentismo un fatto criminale. Mentre la polizia spagnola dava la caccia a deputati, elettori e poliziotti catalani, le manifestazioni madridiste hanno riportato in piazza i berretti, i giubbotti, gli stendardi ed i canti del Cara al sol franchista. La risposta ai partiti, peraltro di destra, che volevano l’indipendenza di Barcelona è stata la rinascita della Madrid falangista contro la Cataluna obrera. D’improvviso quel passato sepolto si è presentato vivo di sangue e carne. I socialisti, spagnoli prima di qualunque altra cosa, non possono ammettere la divisione del paese. Uscita la ricca Cataluna, uscirebbe anche la Basquia delle banche e la Spagna assolata resterebbe a specchiarsi nella sua povertà. Possono dire che i colpevoli erano i marocchini ed i generali mentre le vittime erano i comunisti che ammazzavano anarchici ed i publicani che facevano massacri di preti e di suore. Per fare ammenda verso lo spirito catalano, i socialisti hanno deciso di punire quello castigliano nel simbolo maggiore; così però non danno contro il fascismo ma colpiscono l’ispanidad. Dalla padella nella brace. In realtà anche i socialisti tradiscono se stessi, costretti dalla storia a ciò che decise per loro il caudillo tra purghe comuniste e revange dei colonizzati marocchini. La drole dell’Europa li spinge verso il vicolo cieco delle baruffe itaggiotte i cui danni noi conosciamo bene.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.
i socialisti spagnoli da Zapatero in poi hanno deciso stoltamente di dare un calcio alla pacificazione nazionale dimenticando che quella lapide che vogliono scoperchiare aveva sepolto insieme a Franco i conflitti tra spagnoli per dar luogo a una mirabile transizione alla democrazia. Ora con un gesto dissacrante e ostile a una gran parte di spagnoli vogliono potrare indietro le lancette della storia proprio mentre la Spagna rischia la deriva secessionista della Catalogna. Davvero una mossa meschina e foriera di disgrazie per un Paede che aveva consegnato alla storia l’orribile parentesi della guerra civile