Il dibattito che si è aperto subito dopo l’annuncio di Luigi Di Maio, di voler vietare l’apertura degli esercizi commerciali durante le festività, di fatto abroga la liberalizzazione adottata dal Governo Monti L’oggetto ha sollevato più preoccupazioni che consensi spingendo lo stesso Di Maio ad una parziale rettifica che consentirebbe al 25% delle strutture commerciali di rimanere aperte (a rotazione) anche le domeniche.
Il provvedimento è confuso come d’altronde buona parte dei provvedimenti di Di Maio e M5 stelle per una volontà spesso aprioristica di dichiarazioni, annunci, indiscrezioni che creano solo incertezza e dilatazione nel tempo. Salvini mostra una diversa attenzione sull’occupazione, per rispondere ad un elettorato sensibile al tema, compresa la Confcommercio che rappresenta i negozianti.
Il problema è inquadrato da Galbusera su First online: “Dato l’alto numero di clienti (12 milioni) che frequentano nei giorni di festa le grandi strutture commerciali, si dovrebbe dedurre che la maggioranza dei residenti nel nostro paese accetti o comunque non sia ostile alle aperture domenicali.
D’altra parte è tutto da dimostrare che il blocco domenicale delle vendite possa costituire un vantaggio per il piccolo commercio che oggi si sviluppo sul lato della specificità professionale dell’ offerta e del rapporto personale con il consumatore. Invece, questo aspetto rimane tuttora aperto, le chiusure dei centri commerciali domenicali sono certo un favore (imprevedibile?) per il web-commerce, cui non sarebbe facile imporre vincoli efficaci di funzionamento durante le giornate festive”.
Dopo il decreto dignità quanti possibili posti di lavoro potrebbero essere perduti? Questa è la vera domanda che in attesa si pongono. Secondo First “Per il momento le uniche vere vittime sembrano essere i dipendenti della grande distribuzione titolari di contratti a termine che, allo stato, non saranno facilmente rinnovati. Le imprese si preparano ad una intensa campagna di persuasione per convincere le forze politiche che gli effetti della chiusura domenicale saranno pesanti e tratteranno per ridimensionarne la portata. Alla fine le grandi catene commerciali faranno di necessità virtù cercando di ridurre al minimo le eccedenze di organico che si dovessero manifestare. I tempi di modifica della legge non sembrano rapidissimi.
Questo provvedimento, soprattutto se andrà in porto senza un rinvio alla trattativa tra le parti sociali, non servirà certo, come sostiene con una retorica un po’ ridicola Luigi Di Maio, a “salvare la distruzione delle famiglie italiane avviata con l’orario liberalizzato del Governo di Mario Monti”, ma solo a produrre qualche migliaio di disoccupati in più che si aggiungeranno a quelli che già si stanno materializzando in questi giorni per effetto del Decreto Dignità. Su questa strada si va al preannunciato graduale smantellamento del Jobs Act, ripristinando la fattispecie paradossale di Cassa Integrazione per cessazione di attività (giustamente abolita) e riproponendo così una norma che da una parte vietava alle imprese di fallire e dall’altro offriva ai lavoratori interessati non strumenti attivi di ricollocazione ma solo forme di assistenza passiva di lungo periodo. “
Si deduce che tra i partiti di maggioranza ci sono punti di vista quasi opposti, elettorati con esigenze diverse. Il logoramento è nell’aria e per ora rinviato.
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