Crisi nascite, l’Italia tra cento anni avrà 16 milioni di abitanti

Cronaca

Un ‘salto’ statistico nel futuro che, per gli esperti, disegna un’Italia con la popolazione concentrata in alcune grandi città, molte delle restanti altre aree in stato di quasi abbandono. L’argomento, trattato da Matteo Rizzolli, insieme con Vincenzo Bassi, del Forum nazionale Famiglie, era stato proposto dal Centro della Famiglia di Treviso, partner quest’anno del Festival europeo della Statistica, coordinato dal prof. Eugenio Brentari e promosso dalla Società Italiana di Statistica (Sis in collaborazione con l’Istat e con la società statistica ‘Corrado Gini’ di Treviso. Titolo del confronto era “Famiglie: i numeri per tornare a crescere”. Secondo i relatori il passivo demografico, uno dei problemi del Paese, non è ancora entrato nei programmi della politica. “Nella demografia c’è il destino politico ed economico di un paese”, ha concluso Rizzolli. Lo squilibrio tra generazioni, è stato sottolineato, sottrae infatti popolazione attiva e produttiva all’economia del Paese, rendendo insostenibile per le nuove generazioni sostenere i costi fissi di quelle precedenti, non produttive, bisognose di previdenza, assistenza e sanità.  Altro confronto è stato dedicato al tema “Il presente dei giovani e il futuro del Paese: un’alleanza generativa”. Qui Alessandro Rosina, docente alla Cattolica di Milano, ha spiegato che, in base alle ultime ricerche, nei prossimi dieci anni l’Italia perderà 2,5 milioni di persone nella parte ‘centrale della popolazione’, confermando la pericolosità del piano inclinato dipinto da Rizzolli. Tre – ha detto – sono i fattori che maggiormente i giovani percepiscono come ostacoli al loro inserimento nel mondo del lavoro: invecchiamento degli occupati sul posto di lavoro, innovazione tecnologica che richiede competenze che il Paese non offre, e immigrazione, anche se nel  017 immigrati e emigrati sono stati in numero pari. “La soluzione c’è – ha affermato Rosina – e sta in progetti di lungo termine, la politica cerca invece risultati e consenso a breve, al massimo tra una consultazione elettorale e la successiva. Un ruolo spetta tuttavia anche alle famiglie. L’errore principale che può fare una comunità è indurre le nuove generazioni ad adattarsi al mondo di oggi, a quello che il presente offre. Vanno, al contrario, incoraggiate a mantenere alta l’ambizione di cambiare la realtà per costruire un futuro più in sintonia con propri desideri e potenzialità”.

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