L’Università del Maryland ha redatto uno studio, presentato alla conferenza demografica nazionale, sul calo dei divorzi Usa, diminuiti del 18% nell’ultimo decennio, trovandone la causa nelle giovani donne millenians ( 22-37). Gli americani oltre i 45 anni continuano a divorziare, i più giovani no; semplicemente perché non si sposano. La popolazione sposata così diventa più vecchia e più istruita, con esperienze di lunghe convivenze prematrimoniali dove si evitano maternità premature. L’eliminazione di molte cause tipiche di divorzio è una tattica adottata anche dalla generazione X (38-53). La volontà delle donne – di non sposarsi prima di essersi diplomate, non prima almeno dei 25 anni e di non affrontare la maternità se non in un quadro economico rassicurante – qui si rivela determinante, I millenians, si dice, hanno eliminato il reggiseno, il copriletto, gli abiti stazzonati; sono concreti e terribili nel disfarsi del superfluo. Ora mandano in soffitta anche i matrimoni da giovanissimi o combinati o obbligati dal parto in arrivo. Il matrimonio torna ad essere un must, il raggiungimento di un status esclusivo che i meno abbienti potrebbero fare fatica a conseguire. Il nuovo proletariato è la classe emergente che si premia per il successo riscontrato con matrimoni rari ma stabili da $ 50mila, con anelli da $ 24mila, abiti da $ 21mila, redditi da $ 150mila fioriti da figli avuti da padri e madri che ne potrebbero essere i nonni. Sotto di loro una folla di separati, più o meno impoveriti, ed un’altra più grande massa di famiglie sfasciate i cui figli sono destinati alla mattanza di massa delle guerriglie urbane delle baby gang. I ricchi che avevano sdoganato il divorzio come comportamento evoluto, laico e liberale di riferimento, ci hanno rinunciato e lo prevengono, sterilizzando. I ricchi sono il nuovo proletariato, gli unici che dispongono continuativamente dei figli senza le battaglie legali di massa cui la famiglia moderna ci ha abituato. Le donne che nei secoli precedenti facevano un media di 4,5-7 figli cadauna, sono passate ad una media di due figli, destinata a calare. Entro il 2030 si passerà dal 50% al 75% della popolazione con un figlio di media per donna. Un percorso demografico in calo che per la fine del secolo dovrebbe risultare dai numeri globali. Non per ora. Solo qualche decennio fa, nel 1987, la popolazione del mondo raggiunse i due miliardi, doppiando, in quasi 2 secoli, il numero del 1800. Veniva raggiunta la cifra considerata limite, nel libro del ’68 The Population Bomb del biologo Paul Ehrlich della Stanford University. Ancora oggi Erlich continua a considerare la crescita demografica causa di futuri intossicazioni generali. Malgrado i pronostici di 5 devastanti disastri ecologici, dopo 31 anni gli umani sono quasi quadruplicati, a 7.5 miliardi, destinati agli 11 del 2100 (stime Onu), con un terzo di africani. Nel 2050 l’India sarà più popolosa della Cina, la Nigeria degli Usa, il Pakistan del Brasile. Gli ultrasessantenni raggiungeranno i 2 miliardi. Le donne, oggi 3,64 miliardi, rispetto agli uomini, 3,7 miliardi, saranno più numerose nei 40 paesi più ricchi, meno numerose nel resto del mondo, soprattutto arabo. Come l’agricoltura tradizionale non è più imprescindibile, lo è sempre meno anche il cosiddetto sesso debole, che razionalmente non è più al centro della salvezza del genere umano, anche per gli 8 milioni di bambini nati in provetta, che da 40 anni hanno defemminizzato le nascite. Malgrado ciò, nel mondo avanzato sono sempre più in mano alle donne ritmi, numeri e coscienza del modus vivendi sociale, della vita di coppia o single, della cellula della famiglia da cui dipende la stabilità delle comunità e della società; senza particolari attenzioni alle conseguenze della libertà, successo ed appagamento femminili, data la garanzia di una popolazione comunque enorme e data l’abbondanza di presenza femminile, che scongiura fenomeni di caccia alla preda. Brutalmente i valori economici della prostituzione, calati a cifre irrisorie, un quarto del valore delle dosi di narcotici, attesta che non è più il sesso in realtà l’oscuro oggetto del desiderio, in una società dove il libertinismo soprattutto femminile, con tutti gli annessi e connessi, è ritenuto una prerogativa di libertà e dove ogni entertaintment non può non contenere ammiccamenti sessuali femminili. L’oscuro oggetto del desiderio è il ritorno del vittoriano status di matrimonio stabile, privo di sogni romantici, spesso di appeal sessuale ed anche di prole, facilmente ottenibile, se non in provetta, nei numerosi orfanatrofi mondiali. Non si sogna più di andare a letto, perché si tratta di un’abitudine ampiamente praticata nei decenni più giovani e non solo; si sogna il matrimonio abbiente che certifica lo status. Una scelta delle donne che al contrario della tendenza dei precedenti decenni torna a farne tradizionale elemento di stabilità sociale. C’è da rallegrarsene. Resta la frustrazione popolare cui viene sottratta l’antica unica libertà ed unico patrimonio, della prole. Il proletariato non è più nemmeno tale.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.