C’è qualcosa di peggio dei bigotti del politicamente corretto che per non offendere i trans che si “sentono” donne ma non ce l’hanno, pretendono (e in Michigan l’hanno ottenuta) la censura dei Monologhi della vagina, famosa e bizzarra pièce teatrale della feminista Eva Ensler?
Sì, qualcosa di peggio si è visto ieri a Milano, al Consiglio comunale, in replica uguale uguale, papale papale, alla scenetta vista, fotografata e circolata su tutti i social un mese fa, a Verona, quando la povera capogruppo del Pd venne barbaramente dimessa dai vertici del partito obitoriale solo perché colpevole, stante l’interpretazione di sta cippa, macchiettistica oramai, di ogni conversazione e fare politico, di “deflorazione” della legge 194.
COME A VERONA
Cosa successe allora? Successe che nonostante la cornice coreografica delle beghine vestite da suore in segno di protesta per l’orrenda mozione del centrodestra, il Comune di Verona approvò ugualmente una mozione pro-life, appoggiata anche dalla capogruppo Pd all’opposizione, nella quale si invitava a fare i conti con la 194.
Non nel senso della sua abolizione, bensì della sua applicazione. Ovvero si chiedeva, nel quarantesimo della pubblicazione della legge, di verificare dove era finito lo spirito di un dispositivo che in tutti i suoi articoli non grida quanto è bello abortire. E che bello che lo Stato si mette a disposizione delle donne per rendere l’affare avvincente.
No, recitava e recita lo spirito e gli articoli della 194, che pur legalizzano la pratica dell’interruzione della gravidanza «lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio». Tutti qui.
LOTTA IN GALLERIA
Bene, adesso sto scrivendo queste cose dopo che al Consiglio comunale di Milano si è rivista una scena simile a quella organizzata, fotografata e incipriata a Verona. Dopo che una decina di bigotte si sono ripresentate in abito da suora intorno alle ore 17. E sono ancora qui sotto, in Galleria Vittorio Emanuele, ore 20, a gridare «la 194 non si tocca, respingeremo i fascisti con la nostra lotta». E il famoso «l’utero è mio e lo gestisco io».
Insomma, vagina anni ’70.
IN CONSIGLIO COME IN PASSERELLA
Qual è però la differenza davvero speciale tra quel che s’è visto a Verona e quello che è successo ieri a Milano, prima che noi dell’opposizione abbandonassimo l’aula e mandassimo a quel paese una maggioranza che ha subìto senza colpo ferire una buona mezz’ora di passerella di quattro mascherine rivestite da una boutique radical chic?
Occorre ricordare che la legge proibisce al pubblico che partecipa alle sedute di interferire con i lavori del Consiglio comunale. Proibito rumoreggiare, proibito protestare, proibito disturbare in qualsiasi modo i lavori d’aula. Tant’è vero che, quando lo scorso anno una dozzina di militanti di CasaPound si intrufolò nella stessa balconata che le beghine hanno calcato ieri sera con grande fervore di telecamere, si scatenò immediatamente il parapiglia antifascista e il presidente del Consiglio ordinò lo sgombero (come regolamento d’aula impone che si faccia in questi casi). Così, cacciati dalle forze dell’ordine, i militanti casapoundiani trovarono i centri sociali (già allertati dalla sinistra d’aula) ad aspettarli fuori per i successivi scontri di piazza.
C’È ODIO E ODIO
Eppure ieri sera tutto era cominciato all’insegna della comune decenza. Infatti, paradosso mortale per la povera maggioranza del sindaco Beppe Sala, il presidente del Consiglio comunale ed esponenti della sinistra avevano aperto la seduta lamentando l’indignazione e lo scandalo per l’ennesimo scatenarsi del cosiddetto “odio social” intorno alla drammatica vicenda della volontaria rapita in Kenya.
Bene, nella stessa logica mi sarei aspettato che perfino le travestite da suora mi stessero ascoltando mentre riformulavo la mozione “Milano città per la vita”, proponendo di lasciare da parte la 194 per non dare alibi alle bandiere ideologiche e concentrarci tutti insieme sulla parte propositiva del testo siglato dal sottoscritto e dai capigruppo di Forza Italia (Fabrizio De Pasquale), dei Popolari (Matteo Forte) e di Energie per l’Italia (Stefano Parisi). Proposta dedicata al sostegno della famiglia e della natalità senza la quale non è vero che tra vent’anni mutua e pensioni la pagheranno gli africani in Italia.
PERFETTE BACCHETTONE
Poverine, le nostre contestatrici, se avessero ascoltato le novità in diretta come avrebbero fatto con le scalmane di terza mano e gli abitini da scandalo che gli avevano cucito addosso, a prescindere?
Teatrino su teatrino viene su la Grande Suora. Cioè, una perfetta bacchettona, omologata e conformista. E poi si lamentano della regressione hate e fake. Perciò, non vi dirò mai perché ieri sera mi sono sentito io molto “monologo della vagina”. Ma loro no, e non voglio neanche sapere se loro sono del genere di quelle che ce l’hanno o di quelle che se la “sentono”.
Luigi Amicone, Consigliere Comunale FI
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