Finalmente dopo due mesi di attesa, file che mi allontanavano dall’ingresso, sono riuscito ad entrare in Starbucks.
Però l’attesa non finiva comunque, dopo aver salutato quattro camerieri gentili che mi davano del “Benvenuto” ho chiesto dove potevo accomodarmi; dovevo però subire una piccola fila per potermi sedere.
No! Non volevo, “farò un giro” pensavo, “Poi uscirò”. Nel frattempo scorgo un lungo bancone con sgabelli, alcuni erano vuoti e così mi sono potuto accomodare.
Mi si è avvicinata una gentile signorina che si voleva informare su cosa desiderassi. “Naturalmente caffè!” mi ha mostrato un menù con una lunga lista di aromi, ne ho scelto uno a caso e dopo avermi offerto un bicchiere d’acqua mi ha fatto odorare l’aroma del caffè scelto che, dopo esser filtrato, mi sarebbe stato servito. Una buona professionalità dovuta sicuramente ad un corso di preparazione.
E fin qui tutto perfetto!
Per poco meno di sei euro avrei gustato un vero Starbucks “lungo caffè”. Mi hanno persino chiesto il mio nome di battesimo e quindi chiamandomi per nome mi hanno poco dopo servito su di un vassoio di legno una grande caffettiera ed una altrettanto spaziosa tazza. Mancava però lo zucchero e soprattutto il cucchiaino. Alla mia richiesta mi hanno indicato lo zucchero ed allungato dalla parte sbagliata il cucchiaino. Peccato, una piccola pecca di inesperienza.
Il locale è arredato con grande gusto moderno, situato in Piazza Cordusio nella vecchia sede delle poste, le insegne sono rimaste inalterate.
Però la location è molto, troppo rumorosa, oltre al vociare degli ospiti si unisce quello dei componenti del personale che chiacchierano tra di loro, per finire un volume della musica assai elevato.
Peccato! Volevo gustarmi un beverone di caffè in santa pace, ma mi è stato impossibile.
Alessandro Prisco
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