La Rivoluzione Liberale deve partire dall’economia nelle scuole

Attualità

Sabato, davanti ad una platea di coraggiosi sopravvissuti, gli ultimi liberali, abbiamo presentato il libro L’Economia spiegata ad Irene, di Paolo Ponzano. Qui potete trovare l’intervista con l’autore. Tra i relatori anche Lorena Villa della Fondazione Einaudi e Fabrizio De Pasquale, Capogruppo di Forza Italia in Comune a Milano. È stato un bel pomeriggio, soprattutto perché, ormai il liberalismo opera come i primi Cristiani: nelle catacombe con l’Impero intero contro. Non so se l’avete notato anche voi, ma oggi la libertà non va più di moda. In un paese sempre più vecchio, sempre più rancoroso, sempre meno orientato al futuro essere liberi è una colpa inescusabile. Amazon non deve lavorare la Domenica. Ma nemmeno gli altri giorni. Facebook va censurato e controllato. I supermercati devono chiudere a comando. Ed al diavolo le conseguenze.

Già, le conseguenze. Ma siamo sicuri che la gente sappia davvero a cosa va incontro? Il libro si incarica esattamente di questo: spiegare ai futuri elettori alcuni punti di base. Moneta, mezzi di produzione, meccanismi di mercato. Le basi, insomma, quelle che garantiscono di conoscere concetti base, ad esempio cosa sia il debito pubblico. Come faceva notare la dottoressa Villa, ormai l’idea che il debito pubblico sia una fake news si è diffusa a macchia d’olio. Io andrei oltre: questa idea, la versione terrapiattista dell’economia, è al governo. Provate a discutere con un grillino appena un po’ addentro al MoVimento e scoprirete quanto è profonda l’idiozia umana.

Dal Giappone (di cui non sanno nulla) alla Fed che stamperebbe come se non ci fosse domani (ed anche questo è parzialmente un mito) possiamo assistere ad una strisciante follia che sta minacciando di erodere la cosa più importante che abbiamo. Il buonsenso. La dottrina liberale è questo e nulla più. Buonsenso. Lo ha ricordato anche l’autore: il liberalismo non vince perché è geniale, ma solo perché, sul lungo periodo crea più ricchezza di qualsiasi altro sistema. E preferire il sistema che rende le società più ricche è semplice senso comune.

Come diceva De Pasquale, la ricchezza prima di redistribuirla va creata. E, aggiungerei io, va difesa. Perché a distribuirla non ci vuol nulla: basta un ladro sufficientemente intraprendente. Per crearla, invece, ci vuole un esercito di competenze, imprenditori, clienti e lavoratori. Oggi abbiamo gli eredi morali del primo al governo. E nessuno insegna a scuola quanto bisogno ci sia dei secondi. Così si è perso nel tempo il brivido dell’impresa. La bellezza dell’essere indipendenti. E con questo tutto quel patrimonio di esperienze di vita comune che garantivano una certa protezione dalle sirene della follia.

I risultati li leggiamo ogni giorno sui giornali, nelle pagine economiche. Meno Pil, meno occupati, manovre in deficit, richieste di sussidi. Ma questi allarmi risuonano nel deserto: senza l’economia spiegata ai ragazzi le generazioni che si succedono non sanno riconoscere l’apocalisse. E qualcuno li ha convinti che sia una cosa bella e desiderabile. Cos’altro ci vuole per convincerci dell’esigenza di cambiare rotta?

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