Il Natale che discrimina, il presepe che potrebbe offendere, i nomi con una valenza religiosa e di ricorrenza sono insomma l’armamentario di cui il pensiero comune di sinistra va fiero. E se ingenuamente inneggi alla tradizione, ai significati dei simboli, sei completamente obsoleta come una sedia vecchia. Ma chi professa ad alta voce i suoi valori, a prescindere, non sarà mai ridicolo e irrazionale come quei comunisti che considerano un albero “fascista” e quindi da rifiutare. Personalizzare una pianta, attribuirle idee, quasi che potesse conservare su di sé una patina fascista, è a dir poco, la logica di un minus che ha paura delle ombre. Ma succede. Narra Il Giornale “CasaPound che, facendo fede allo slogan, “Le radici attecchiscono meglio sul suolo della Nazione”, ha già piantato un centinaio di alberi in tutto il territorio nazionale sperava che questo avvenisse anche a Massarosa ma si è dovuta scontrare con l’antifascismo della giunta di sinistra che guida il paese. Ai militanti di estrema destra i è stato impedito di piantare l’ albero nelle aree comunali” E l’albero fascista, segno di vita e utilissimo è stato piantato a Pietrasanta. Pur non avendo simpatia per Casa Pound, mi chiedo quali colpe aveva quella quercia? Ma prendersela con gli alberi era già diventata paura di essere fraintesi, necessitava smarcarsi in modo netto da ogni simbolo che ricordasse il fascismo. Allora i colpevoli erano gli eucalipti che si incontrano in tutte le aree interessate alla bonifica del fascismo, dal Tavoliere, alla Sardegna, all’Agro pontino… Ogni eucaliptus che si vede in giro, “è un segno permanente del fascismo e dell’Era fascista. Dopo la caduta del regime si abbatterono tutti i fasci delle torri littorie e le immagini del Duce. Ma per un’azione più efficace bisognava estirpare ogni eucalyptus” (A. Pennacchi). Razionale o da invasati? Oggi stiamo nascondendo i simboli della nostra civiltà e andiamo in Chiesa a a cantare “Bella ciao”, a Bologna. La verità è che il pensiero unico della sinistra su ciò che è bene o male, ha già “invaso” la Kultura senza lasciare spazi. Ha scritto un fedele al vescovo dopo aver forzatamente festeggiato il Natale con l’inno partigiano “S.E.R. Mons. Matteo Zuppi, desidero partecipare al mio Vescovo i sentimenti di sconcerto e dolore per l’episodio avvenuto in una Parrocchia della Città che ha visto, nel corso del concerto natalizio, l’esecuzione di un canto di natura politica, totalmente estraneo a qualsivoglia tema liturgico.
Allo scandalo – evangelicamente inteso – non si aggiunge, però, la sorpresa….Confido che Lei voglia, prestar mente ad una critica – che, Lei sa, tanto priva di infingimenti, quanto sincera – e porre rimedio a quello che si sta avviando ad essere ricordato come uno dei tempi di massima frantumazione e disorientamento del popolo della nostra Diocesi.”
Sottoscrivo.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano