«A un metro da dove giaceva nostra madre, puntavano verso gli uccelli, sui tetti», quelle maledette telecamere, non controllate, non corrette, abbandonate. L’osservazione è contenuta in una lettera che i figli di Marilena Negri uccisa alle 6.4o del 23 novembre 2017, nel parco di Villa Litta, ad Affori, hanno inviato a Il Giornale di Sondrio. La vittima aveva 67 anni, passeggiava come sempre con il cane nel parco e fu derubata di una collanina. Due dettagli per ricordare l’episodio che si chiuderà presto con l’archiviazione delle indagini e senza un colpevole. Inutile cercare tra gli sbandati che animano la zona, le telecamere che guardavano i tetti avrebbero aiutato. E l’accusa, è un vero dito puntato contro il Comune per l’assenza di controllo e di riposizionamento delle telecamere. Un altro tassello che grida l’incuria e l’abbandono di Sala e compagni, in una periferia che chiede ogni giorno attenzione. E anche questo riguarda una sicurezza che non c’è, invoca diritti dimenticati, riconoscimenti di giustizia anche dopo la morte. Scrivono ancora «Al di là della retorica, sarebbe il minimo che ogni viale, in ogni parco, in ogni piazza, dove ci sono telecamere, ne venisse verificato puntualmente il corretto funzionamento». Davvero un dovere, un obbligo. Chi lo dice a Sala ancora festante dopo l’ubriacatura di musica del Capodanno cinese?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano