La decrescita non era affatto felice: l’ennesima truffa di Grillo

Attualità

Scusate, stavamo scherzando. La Decrescita non ha mai inteso essere felice. Lo dice l’ideatore di questo assurdo sistema economico che teorizza un suicidio etnico in favore del terzo mondo. Ed un suicidio lento, metodico, doloroso. Un sacrificio espiatorio per colpe perlopiù immaginarie, ma profondamente radicate nella psiche di sinistra. In ogni caso, di felicità in questo iter non ha parlato certo l’ideatore. Riporta infatti Repubblica, riferendosi alla nascita del termine:

“Appartiene a Maurizio Pallante e per lui la decrescita consiste nel calo del prodotto interno lordo. Io sostengo invece che bisogna uscire da una società fagocitata da un’economia in crescita, ma ciò non significa che alcune cose non debbano essere sviluppate. E poi confesso di avere un problema con il termine felicità, è un concetto borghese e individualista che si collega al consumo. Quindi lascio la felicità e preferisco parlare di declino sereno o abbondanza frugale”.

Finalmente, cari amici. Finalmente. La felicità è un concetto individualista e borghese. Non per nulla è nella Dichiarazione Di Indipendenza Americana. E non per nulla l’America non sarà mai un paese socialista. Grillo ha, usando un intellettuale laterale, creato un mostro. L’idea folle che l’individuo possa essere felice mentre si suicida non era di Latouche. E ci è stata contrabbandata come fondata nel pensiero filosofico Francese perché, si sa, l’esotismo paga. Ed elettoralmente ha pagato. Grillo prometteva che ci saremmo spartiti le spoglie del caro estinto, avremmo acceso debiti senza rimorso e lasciato il conto a qualcun altro. Non era questo il punto.

Il vecchio Serge ci spiega che nulla deve crescere. Ma qualcosa deve continuare a svilupparsi. Del Pil all’intellettuale non frega nulla, lui vuole vedere le capanne e le masserizie esposte agli elementi. Grillo pure, ma solo quelle degli altri. Quindi inverte il paradigma: non facciamo crescere la nazione, ma io intanto la villa la tengo. Latouche voleva fare le strade e vendere le ville. Fa nulla. L’importante è uscire bene sui giornali. Poi pace. Ovviamente il grande filosofo è disilluso.

Altrimenti che grande filosofo sarebbe? Sembra quasi felice che il suo piano non si stia realizzando. Sollevato, si direbbe. Quasi come se incontrasse il giornalista in un bar perché nel tuo attico a Montparnasse la servitù non ha ancora finito di riordinare. Impressioni, per carità. Ma se lui è disilluso dal ptoere, io lo sono dagli intellettuali della gauche caviarde, col cuore a sinistra, il protafoglio a destra ed una mano solidale sempre nelle tasche altrui.

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