Un gesto folle per fermare il destino, un gesto disperato per una presa di coscienza. Senz’altro un’insofferenza ingestibile, nei confronti che di coloro che controllavano, esigevano motivazioni in quella stazione di Reggio Emilia. Una prassi consueta in situazioni simili, in Italia. L’equadoregno in preda ad un raptus improvviso davanti agli agenti che tentavano di sottoporlo ad identificazione, ha rotto una bottiglia di vetro ed ha usato un coccio per infliggersi con forza un fendente al collo che gli ha provocato una profonda lesione. Un atto violento di autolesionismo, questa volta in una persona in chiaro stato confusionale. Con abilità i poliziotti l’hanno immobilizzato e reso inoffensivo, scongiurando la tragedia. Solo panico per i viaggiatori presenti, ma al di là dei gesti, non si conosce il suo dramma. Di che cosa viveva, chi frequentava, perché aveva lasciato la sua terra. E’ stato portato d’urgenza in ospedale per curare le lesioni, ma poi? Dalle indagini è emerso che l’ecuadoregno era già destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, dice Il Giornale. E probabilmente daranno esecuzione al provvedimento, ma quel tentativo di farsi del male, quella solitudine esprime una volontà tenace di non voler tornare. Che cosa nasconde il suo dramma?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano